Archivio di Stato rischia la chiusura, la storia d’Italia potrebbe essere dimenticata e con essa anche le memorie di un popolo

L’Italia fa ancora una volta I conti con la spending review, ma questa volta il rischio in gioco è veramente alto.
 
Con i tagli proposti dal governo centrale, l’Archivio Centrale dello Stato rischia la chiusura a partire dal prossimo anno.

 
Gli attuali 650mila euro stanziati dal governo per la gestione e il mantenimento della struttura, non sarebbero sufficienti a garantire la sopravvivenza dell’archivio stesso, secondo il sovrintendente dell’archivio di Stato Agostino Attanasio.
 
Lo stesso sovrintendente sottolinea che per mantenere lo stato minimo di sopravvivenza della struttura occorrono circa 800mila euro l’anno, nel 2013 l’ente ha ricevuto fondi pari a 650mila euro esattamente la metà di quelli ricevuti nel 2012.
 
Attanasio continua la sua denuncia affermando che l’archivio è andato avanti in questi anni attuando una politica del risparmio, la quale visto il continuo taglio di fondi da parte del governo non è più perseguibile.
 
Con i suoi 120 chilometri di scaffali e una media di 36mila pezzi movimentati all’anno, l’archivio rappresenta da oltre mezzo secolo la memoria storica e documentaria del paese.
 
Fu instituito nel 1953, ma già dieci anni prima si era posta l’esigenza di creare un grande istituto archivistico di livello nazionale per preservare la conservazione degli archivi fascisti come valore di fonti storiche.
 
La logistica del deposito fu uno dei maggiori problemi affrontati fin dall’inizio, tuttavia si decise di stabilire la sede nell’ambito dei lavori E42 (l’attuale zona EUR di Roma), la guerra non permise di terminare tutti gli edifici.
 
L’allora primo sovrintendente Armando Lodolini, propose al Ministero dell’Interno di adeguare la struttura dell’Archivio dello Stato non ancora terminata, per renderlo idoneo alla conservazione e preservazione degli ingenti quantitativi di documenti che avrebbe dovuto ospitare, ma il ministero non accettò la proposta formulata dal sovrintendente.
 
Il risultato fu la creazione di una struttura prestigiosa ed adeguata per quello che riguarda gli spazi pubblici, la sala studio, la sala convegni e gli uffici, ma decisamente inidonea per la conservazione dei depositi archivistici.
 
Su 120 chilometri di scaffalature solo 40 chilometri possono ritenersi in condizione idonea, afferma l’attuale sovrintendente Attanasio.
 
Nell’edificio laterale sono presenti enormi  vetrate che surriscaldano l’ambiente nel periodo estivo, ed espongono ad eccessivo freddo nel periodo invernale i documenti all’interno archiviati.
 
Il sovrintendente Attanasio sponsorizza l’idea proposta dal Ministero dei Beni e dell’Attività Culturali e del Turismo di trasferire una parte considerevole di documenti in un deposito sito a Pomezia e trasformare quell’ala in un polo museale.
 
Ci saranno ovviamente nuove spese per il ministero che dovrà compiere lavori di ristrutturazione della sede di Pomezia, ma che alla fine comunque permetterebbe di risparmiare un milione di euro.
 
L’unico vero problema da risolvere sarebbe l’accessibilità’ ai documenti archiviati, i quali si troverebbero a circa trenta chilometri di distanza dall’archivio centrale, per i quali si dovrà organizzare un servizio navetta di recupero ogni volta che ci sarà l’esigenza di avere accesso ai documenti archiviati fuori sede.
 
Il sovrintendente Attanasio aggiunge che la delocalizzazione dei documenti presso un’altra sede resta la migliore soluzione perseguibile, in quanto il servizio navetta da Pomezia per l’EUR sarebbe pagato dalle economie effettuata sul risparmio dell’affitto pagato della struttura che attualmente ospita i documenti.
 
Gli italiani oltre aver perso la speranza di un futuro, rischiano anche di diventare orfani del proprio passato, l’Archivio Centrale dello Stato, infatti, è una struttura che si occupa di conservare la storia del paese attraverso la conservazione di milioni di documenti.
 
Il modernismo sociale valorizza il denaro come essenza di vita stessa, lo pone come garante della propria continuità esistenziale, e ne protegge il valore esplicito, mettendo al rischio la propria storia, e in gioco la propria esistenza.
 
Davide Lombino
 

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