Aziende, Costituzione offerte di lavoro e sostenibilità, elementi discordanti che rendono i processi di assunzioni incostituzionali e discriminanti

Abbiamo più volte affrontato il tema del lavoro, e delle riforme che dovrebbero essere varate per ridurre il tasso di disoccupazione ed inoccupazione in Italia.

Prima di potersi cimentare in una riforma seria, bisognerebbe eliminare “le falle costituzionali”, che si trovano all’interno del nostro sistema del lavoro, a cominciare dal percorso di assunzione aziendale.

In questi giorni la più grande azienda italiana di trasporti, Trenitalia, ha indetto un bando di partecipazione per l’assunzione di circa 4mila nuovi unità, nel corso del 2019, destinate a vari profili aziendali.

Quello che mi ha colpito, sono stati i prerequisiti richiesti per la modalità di candidatura per i quali i candidati devono essere idonei, al fine di partecipare alle selezioni aziendali.

Ad esempio per i profili di macchinista, capistazione e tecnici polifunzionale treno, leggevo nelle note aziendali di Trenitalia, occorre avere conseguito un diploma di scuola media superiore con una valutazione minima di 70/100 ed un’età compresa tra i 18 ed i 29 anni.

Per quanto riguarda la votazione minima scolastica richiesta, come prerequisito di ammissione, non ho nulla da obiettare, ma trovo veramente controverso ed anti costituzionale, la nota esplicita che riguarda il vincolo dell’età anagrafica.

La Costituzione italiana, già nel primo articolo parla del lavoro come fondamento della Repubblica italiana, affermando che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro.

Agli articoli 2 e 3 si ribadisce che “la Repubblica (…) richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” ed è sempre “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli (…), che, (…) impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

All’articolo 4 si configura il lavoro come diritto del cittadino e suo dovere – “secondo le proprie possibilità e la propria scelta” – e si precisa che la Repubblica “promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.

Come si vede la nostra Costituzione non fa alcun riferimento a delle limitazioni anagrafiche, come prerequisito al diritto al lavoro, quindi si evince che tale diritto può essere esercitato da tutti i cittadini, che sono titolari dei diritti di cittadinanza , per i quali lo Stato e le autorità che lo rappresentano, (lo sottolineo, perché spesso i nostri rappresentati politici sembrano che lo dimentichino). dovrebbero adoperarsi pienamente, al fine di far rispettare non solo la legalità, ma anche la Costituzionalità di tutti gli emendamenti e regolamenti emanati dai soggetti giuridici che operano in Italia (pubblici e privati).

Pertanto un prerequisito anagrafico non solo è un termine perentorio di discriminazione anagrafica, ma non di certo aiuta a ridurre il tasso di disoccupazione in Italia.

Voglio ricordare che tutti coloro che sono nati dopo il 1979 (i quali formano l’attuale classe di quarantenni); rappresentano un’ampia fascia generazionale, la quale tutt’ora vive l’incubo della mancanza di lavoro, persone giovane, pienamente abili a lavoro, ma con un grosso handicap, l’età anagrafica che automaticamente li rende archiviabili presso i centri territoriali per l’impiego, sotto la voce “minusvalenza da vuoti a perdere”.

Questa anomalia “discriminazionale”, non riguarda solo Trenitalia, ma si ripresenta ogni volta che un’azienda decida di attuare una politica di assunzione, abitudine che viene fra l’altro perpetrata da decenni, senza che nessuna istituzione (che sia politica o sindacale o costituzionale), provi ad eliminare questa condizione presente ormai in ogni iter di assunzione aziendale fra l’altro anticostituzionale.

I Governi, le aziende, i media e tutti gli operatori che agiscono nel mercato economico globale, provano ogni giorno a cambiare la cultura del lavoro, perpetrando il principio della globalizzazione economica e sociale.

Tale principio non è congruente con ogni forma di discriminazione, che possa essere sociale, politica, religiosa, di idee, di opinioni e soprattutto di età anagrafica.

Pertanto mi auguro che le istituzioni politiche, sindacali ed aziendali, possano trovare una soluzione a questa clausola contrattuale discriminativa, e possano veramente impegnarsi al fine di diminuire prima il tasso di disoccupazione del paese e poi, intervenire su quello di inoccupazione.

In Europa, come nel resto del mondo non viene posto un vincolo d’età per le assunzioni in azienda o negli organi dello Stato; pertanto possiamo sicuramente parlare di un’altra anomalia del tutto italiana.

Davide Lombino

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