Crisi non fa sconto ai partiti politici, Pdl in liquidazione Pd in cerca d’inscritti

La crisi economica si ripercuote su ogni aspetto del nostro paese e su ogni settore economico.

Tempi duri anche per i partiti politici, nei quali la crisi equamente fa sentire i suoi effetti, senza peraltro subire influenze, o condizionamenti, da fattori influenzabili (la politica in primis), ma attribuendo le responsabilità in egual misura.


Pdl e Pd due schieramenti politici in antitesi per ideologia, programma e direttive politiche, questa volta stranamente si trovano accomunati da egual destino, anche se il percorso seguito per giungervi è stato totalmente diverso.

Il Pdl ricordiamo che è nato nel 2009 dalla fusione di due schieramenti politici Forza Italia e Alleanza Nazionale, la cui senescenza, si è logorata in tempi di record, esauritasi in meno di un lustro, dopo la definitiva spaccatura occorsa tra i due leader Fini e Berlusconi, prima delle elezioni politiche nazionali del 2013.

Il partito ha raggiunto l’epilogo finale lo scorso giovedì, quando si sono aperte le porte della cassa integrazione per 41 dipendenti, ufficialmente per cessazione dell’attività politica del partito.

Il fatto che lascia sicuramente sconcertati, forse non tutti ne saranno a conoscenza che dopo lo scioglimento del Pdl, la coalizione continuerà a percepire le ultime tranche milionarie dei rimborsi elettorali fino al 2016.  

Le domande da porsi a questo punto sono due:

A chi verranno destinati questi fondi se la coalizione politica è stata dismessa, e perché in tempi di crisi non si destineranno questi fondi alla sovvenzione di altri settori pubblici carenti dello Stato?

Potremmo semplicemente riassumere il tutto ancora una volta con il termine spreco di denaro pubblico.

Per il Pd la situazione che si delinea è alquanto diversa, ma non possiamo escludere il raggiungimento dei medesimi risultati, se non si attua una radicale inversione di rotta politico-dirigenziale.

Il partito perde di credibilità, questa volta sono i numeri a parlare nel 2013 lo schieramento politico contava su 539.354 iscritti in ambito nazionali, nel 2014 i tesserati del partito ammontano a meno di 100mila iscritti.

Gli organi del Pd in primis Lorenzo Guerini vicesegretario del partito smentisce i dati fin qui raccolti, considerandoli utili solo a fini strumentali, ma Pierluigi Bersani resta di tutt`altro avviso dichiarando che: “Lo Statuto stabilisce che il Pd è un partito di iscritti ed elettori, se diventasse solo una coalizione di elettori si potrebbe definire uno spazio politico e non un soggetto politico”.

In Emilia Romagna terra rossa da sempre di volontari e feste dell’Unità, il numero d’iscritti ancora resiste e nel 2014 conta un numero di adesioni pari a 50mila, poco più della metà degli iscritti a livello nazionale.

Il numeri diventano sconfortanti se ci avviciniamo al sud dove in regioni come Puglia, Sardegna, Molise, Basilicata e Sicilia i numeri dei tesserati si avvicina allo zero.
La causa è da riscontrarsi su problemi ben definiti e più volte affrontati da questo blog giornalistico, ovvero il frazionamento interno e lo sfaldamento decisionale che si trova in capo al Pd.

La non coesione politica più volte al centro dell’attenzione non solo mediatica ma elettorale, la mancata presa di coscienza di affrontare unitariamente i problemi, avendo una visione unitaria partitica, senza lasciare spazio alle polemiche interne alla coalizione su questioni importanti, nelle quali occorre trasmettere unitarietà d’intenti agli iscritti ma soprattutto agli elettori.

Il Pd lo si può considerare già come un ambito politico, non bisogna aspettare la mancanza d’iscritti per definirlo tale.

Tante troppe menti fulgide all’interno del partito, nessuno disposto a fare un passo indietro o ad aprire un dialogo costruttivo o cooperare per un fine comune, la realizzazione di un grande partito unitario di sinistra.

Un partito ricco di forze costruttive, che non sanno come potersi mettere a servizio gli uni degli altri, ma capaci solo di sponsorizzare la loro singolare individualità`, come unico valore aggiunto al cambiamento, e pertanto seguendo le regole matematiche del massimo comun divisore, (ovvero cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia), ottengono gli stessi effetti, senza riuscire a maturare quel salto di qualità, che a gran voce iscritti, elettorato e simpatizzanti chiedono, per avere un grande partito di sinistra di stampo europeo.

Occorre come dice Renzi, avere il coraggio di cambiare anche radicalmente se necessario, assumendosi il rischio che ciò possa comportare, ma soprattutto le responsabilità che ne possano derivare dall’avviare quel processo di rinnovamento e svecchiamento strutturale partitico sulla quale ancora poggia il Pd, ereditato dalle vecchie componenti di sinistra radicali ancora fortemente presenti al suo interno.

Esistono vari principali fattori critici per i quali gli italiani hanno perso fiducia verso istituzioni politiche e governative, due dei quali li abbiamo menzionati ovvero: lo spreco del denaro pubblico ed il frazionamento politico.  

Gli italiani sono alla ricerca non di leader, ma di trasparenza, non di uomini ma di fatti, persone in grado di dare un forte segno positivo al cambiamento, da riscontrarsi soprattutto nell’ambito del servizio pubblico, il quale da troppi anni è stato in balia di boiardi dello Stato capaci solo di travisare la vera essenza del compito per i quali sono stati chiamati a rispondere.

Davide Lombino

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