Economia Italiana debole, sempre meno investitori disposti a scommettere nel Bel Paese

file-08518-media-620x430Chi avrebbe mai pensato che colossi industriali da sempre di marchio italiano; con il passare degli anni; sarebbero diventati sempre meno “Made in Italy” e sempre più mondializzati?

Forse ciò è dovuto all’effetto sinergico della crisi mondiale (per altro quest’ultima, voluta da un disegno programmatico illuministico); che ha portato i grossi industriali e capitalisti ad investi in Paesi diversi dall’Italia; la quale non offre più quei margini di profitti che fino ad un ventennio fa, attraeva investimenti europei ed internazionali.

Sembra quasi che gli unici profitti degni di nota in Italia; provengano dai traffici illeciti di armi, stupefacenti, traffico illecito di uomini, e prostituzione, attività che ben retribuiscono, ma che di certo non possiamo annoverare tra i modelli economici da seguire.

Anche un colosso come la Fiat ha subito un processo di “Denazionalizzazione”, (come la maggior parte delle multinazionali italiane), dopo l’acquisizione della Chrysler americana, paga le tasse a Londra ed ha sede legale in Olanda.

downloadNon possiamo considerarla più un autentico marchi italiano.

Decisione questa maturata dalla nuova leadership di una delle famiglie capitalistiche per eccellenza italiane: la famiglia Agnelli.

Dopo l’avvento al vertice del giovane John Elkann, legittimo successore della famiglia designato dall’avvocato Agnelli stesso, molte cose sono cambiate.

Gli interessi economico-finanziari della famiglia; si sono spostati all’estero vuoi per la natura cosmopolita di John (nato a New York e cresciuto tra Gran Bretagna e Brasile); sia anche per la natura innata del giovane Elkann nel fiutare ottimi affari all’estero, confermando il suo fiuto di ottimo investitore, più che d’industriale.

Ciò ha comportato la scelta di decisioni che rivolgono gli interessi della famiglia all’estero.

In questi giorni si sta portando a termine l’operazione Itedi-Espresso nella quale John Elkann s’impegna a cedere i giornali a capo alla Fiat (La Stampa ed il Secolo XIX); al gruppo editoriale Espresso di Carlo De Benedetti.

Le mire della famiglia sono incentrate anche alla cessione delle quote azionarie posseduto del Corriere della Sera, la quale operazione porterà inequivocabilmente all’uscita definitiva della famiglia Agnelli dalla proprietà della prestigiosa testata giornalistica italiana.

Gli Agnelli sembrano aver perso interesse nell’investire in Italia, confermando quel processo emigratorio della classe industriale ed imprenditoriale italiana verso l’estero; dove sono presenti ancora forti attrattive di guadagno; da tempo scemate nel nostro Paese.

L’Italia sembra avviata ad un processo involutivo, con il rischio di trascinare il nostro Paese giù verso una spirale vorticosamente discendente, ripercorrendo gli anni bui del dopoguerra dove la produttività e gli investimenti erano nulli, c’era poco lavoro, e l’emigrazione era elevata.

Esiste però una differenza sostanziale che divide gli anni avvenire dopo il 1946 ed il 2016, cioè la rinascita economica, quella crescita di benessere generalizzata, valorizzata dalla ricostruzione derivati dai disastri del secondo conflitto mondiale, che ha portato tanti industriali e finanzieri italiani e no; ad investire enormi flussi finanziari nel nostro Paese, attrattiva avvalorata da un’alta produttività lavorativa che a partire dagli anni ’60 ha cambiato il volto dell’Italia, due condizioni queste, che allo stato attuale sembrano chimere utopistiche.

Davide Lombino

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