Tutt’oggi le fonti da dove il virus della SARS-Cov 2 si sia sviluppato sono ancora sconosciute, e la teoria che possa essere stata trasmessa dai pipistrelli agli uomini, comincia a reggere ancora meno.
C’è chi ha ipotizzato che dietro al coronavirus, ci sia una teoria della cospirazione avvallata da diverse ipotesi, ma prima di arrivare a delle conclusioni, dovremmo porgerci alcune domande:
A tutte queste domande non possiamo darci un’immediate risposta, ma sicuramente le verità relative a questo virus pandemico stanno diventando tanto più oscure, quanto più avanti si va nel tempo.
Un paio di mesi fa è stato pubblicato su YouTube, un video riguardante un intervento di Vittorio Sgarbi in parlamento datato 25 aprile 2020, dove denunciava pubblicamente che gli scienziati, il 9 di marzo classificavano la pericolosità del virus da SARS-Cov 2, come poco più influenza.
Lo stesso Sgarbi dichiarava che le rilevazioni statistiche riguardante il tasso di mortalità da coronavirus dichiarato pari a 25.000 morti era soltanto una falsa.
Sgarbi affermava che avendo letto accuratamente tutte le statistiche dell’Istituto Superiore della Sanità, il 96.3% dei decessi era da riferirsi ad altre cause non direttamente riferibili al COVID-19.
Personalmente mi sono curato di visitare il sito dell’ISS, ho trovato delle informazioni ufficiali nel quale l’istituto ha provveduto a scaglionare e classificare i contagi e le morti per coronavirus, in base all’età anagrafica ed al numero di patologie presenti negli individui pre-coronavirus colpiti dal virus stesso.
Si evince che soltanto nel 3.9% dei casi i pazienti deceduti per SARS-Cov 2 erano ritenute perfettamente sane.
Il 13.9% presentavano solo una patologia cronica contratta prima del contagio da COVID-19.
Il 20,4% presentavano 2 patologie cronache prima del contagio.
Il 61,8% dei morti presentava 3 o più patologie cronache.
Nella sezione: “diagnosi da ricovero” estratta dal sito ufficiale dell’ISS si legge:
“Nel 91,6% delle diagnosi di ricovero erano menzionate condizioni (per esempio polmonite, insufficienza respiratoria) o sintomi (per esempio, febbre, dispnea, tosse) compatibili con COVID-19.
In 307 casi (8,4% dei casi) la diagnosi di ricovero non era da correlarsi all’infezione.
In 47 casi la diagnosi di ricovero riguardava esclusivamente patologie neoplastiche, in 105 casi patologie cardiovascolari (per esempio infarto miocardico acuto, scompenso cardiaco, ictus), in 39 casi patologie gastrointestinali (per esempio colecistite, perforazione intestinale, occlusione intestinale, cirrosi), in 116 casi altre patologie.” (troverete il link al sito a fine articolo).
Stando alle morti dichiarate sempre dall’ISS in base all’età anagrafica riscontriamo che:
la mortalità da COVID-19 non ha intaccato minimamente gli esseri umani compresi nella fascia anagrafica da 0 a 39 anni
L’ISS inoltre dichiara (come si legge dal sito):
Che per i decessi di età inferiore a 50 anni al 22 luglio sono 389, dei 34.142 (1,1%), pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni.
In particolare, 86 di questi avevano meno di 40 anni (56 uomini e 30 donne con età compresa tra i 0 e i 39 anni).
Di 8 pazienti di età inferiore ai 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche; degli altri pazienti, 64 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità) e 14 non avevano diagnosticate patologie di rilievo.”
Stando a quanto ufficialmente dichiarato, considerando che il virus ha colpito e ucciso persone appartenenti alle fasce di età anagrafica più anziane, le quali presentavano già patologie cronache preesistenti alla SARS-Cov 19, il cui numero complessivo di decessi è pari ha 32.567 (cifra derivata dalla somma dei decessi per persone di fascia di età comprese fra 60 e oltre 90 anni).
Soltanto 1.489 persone comprese nella fascia da zero a 59 anni sono morte di COVID-19, tenendo presente che la maggior parte di essa presentava oltre patologie cronache (come riportato sopra).
Verrebbe da chiedersi se si può ufficialmente parlare realmente di pandemia (ricordo che i dati riportati riguardano soltanto il nostro paese dal sito ufficiale dell’ISS); ho si sta cercando di creare panico collettivo per cercare di cambiare o imporre un nuovo ordine mondiale.
In Australia per esempio si sta assistendo alla nascita di uno stato di polizia, che sta imponendo la sua forza violando anche i più elementari diritti civici ed umani.
Durante un’interpellanza parlamentare del 4 Agosto 2020 richiesta dai ministri del parlamento dello stato della Victoria al ministro della sanità Jenny Mikakos, i quali chiedevano maggiori ed espliciti chiarimenti sulle misure restrittive prese dal primo ministro dello stato Daniel Andrews, il ministro si è categoricamente rifiutata di rispondere alle domande.
Continuava a riferire che avrebbe dato tutti i chiarimenti in un comunicato ufficiale che sarebbe andato in pubblicazione il giorno seguente. (comunicato mai rilasciato).
Il governo dello stato della Victoria sta offrendo aiuti economici alle famiglie che hanno perso un familiare per cause non inerenti al COVID-19, con la sola condizione di dichiarare il decesso per motivi di COVID-19.
Si sta limitando lo spostamento delle persone anche per cause di piena legittimazione, come assistere ad un parente o ad un affino il quale necessita di cure e che vive in uno stato differente da quello della Victoria.
Si sta cercando di creare un nuovo ordine mondiale, dove la moneta circolante deve essere assolutamente sostituita da quella digitale.
Personalmente ho avuto modo di verificare che in alcuni posti si stanno rifiutando di ricevere moneta contante come forma di pagamento (pratica del tutto illegale).
È possibile che la situazione di pandemia sia stata creata per permettere a chi ci comanda di effettuare modifiche al nuovo ordine economico mondiale scongiurando la possibilità di interferenze?
La situazione è alquanto allarmante ci stanno trasportando verso una nuova forma di governo globale chiamata “dittatura planetaria”.
Vogliono imporci un vaccino per una pandemia che come visto dai numeri ufficiali (e non è detto che non siano gonfiati), non può essere considerata pandemica.
La vaccinazione potrebbe avere scopi ben diversi dall’immunizzazione da COVID-19, potrebbe essere utilizzata per l’impianto di un microchip, che possa controllarci in ogni nostra azione
È strano vedere che tutti queste restrizioni e cambiamenti stanno avvenendo nei paesi con i quali la Cina ha stretto forti rapporti commerciali.
È possibile che la Cina sta cercando d’imporre il proprio dominio dittatoriale, con una rivoluzione economica globale?
L’Australia economicamente è Cina dipendente, la quale sta condizionando gli approvvigionamenti di beni, al fine di catechizzare le decisioni politico-economiche dell’intera isola continente.
Cari lettori dobbiamo cercare la verità dei fatti e la trasparenza dell’informazioni, perché in questo momento non è soltanto la nostra salute a rischio, ma anche il nostro status di essere umani liberi, in quanto liberi e titolari di diritti civili ed umani, i quali stanno cercando di abolire, per imporre un nuovo ordine mondiale.
Link fonti dati: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia
https://www.youtube.com/watch?v=X9wuFazgpc4&feature=youtu.be
Davide Lombino
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]]>L’ondata di violenza che si è abbattuta su Minneapolis, dopo l’uccisione di George Floyd avvenuta lunedì scorso a seguito di un regolare controllo effettuato dalla polizia americana, il quale si è trasformato in un omicidio effettuato da parte del poliziotto Derek Chauvin, ha trasformato la cittadina americana in una vera e propria protesta civile.
Tale protesta si è tramutata in una guerra di violenza vere e propria per la difesa dei diritti umani, e delle ingiustizie sociali, la quale si è diffusa in gran parte degli stati degli USA e in molti stati europei, perpetrata sotto forma di proteste cruenti di piazze contro il regime di polizia detenuto dagli agenti di polizia americana.
Gli Stati Uniti si definiscono un paese democratico, i quali (sempre per loro definizione), sono detentori e portatori degli stessi diritti, che cercano con la loro politica (militare e no) di perpetrare all’interno del paese e di diffonderli in altri paesi del mondo.
Questa affermazione risulta incertezza e alquanto controversa, se si considera la grande percentuale di razzismo ancora presente negli Stati Uniti, perpetrata deliberatamente da chi dovrebbe sovraintendere all’ordine sociale e pubblico, come appunto le forze dell’ordine statunitensi.
Questo omicidio non è l’unico compiuto dagli agenti di polizia degli Stati Uniti, ma è un altro tragico evento, che si aggiunge alla già tanta lunga lista di violenze effettuate dagli stessi nel corso degli anni.
A tal proposito vogliamo ricordare il caso di Eric Garner, quando il 17 luglio 2014, a Staten Island, l’agente Daniel Pantaleo lo afferrò per il collo fino a soffocarlo.
Secondo uno studio del Proceedings of the National Academy of Science of the United States of America, periodico ufficiale della National Academy of Sciences (NAS), in Nord America l’uccisione di una persona posta in arresto, rappresenta la sesta causa di morte per gli uomini di età compresa tra i 25 e i 29 anni appartenenti a qualsiasi gruppo etnico: il rischio annuale calcolato dallo studio è di 1,8 decessi per 100mila persone.
Rispetto ai bianchi, gli uomini afroamericani sono 2,5 volte più a rischio, le donne 1,4 volte.
Per i nativi uomini, il rischio è di 1,2-1,7 volte maggiore, mentre per le donne tale fattore è compreso tra 1,1 e 2,1.
Per gli uomini latini, infine, la probabilità cresce di 1,3-1,4 volte rispetto ai bianchi.
I dati dello studio, in realtà, non differenziano tra le uccisioni che, a seguito delle indagini, vengono poi ritenute “giustificate” e quelle che, invece, non lo sono.
Secondo i dati dell’FBI, che pure vengono ampiamente ritenuti incompleti, tra le 400 e le 500 morti delle circa 1000 provocate ogni anno da agenti di polizia ricadono nella prima categoria.
Ma secondo il sito www.mappingpoliceviolence.org, gli agenti che vengono accusati o condannati per questi eventi sono una nettissima minoranza: il 99%, infatti, non riporta accuse di tipo penale.
In base alle statistiche raccolte, in pratica, un uomo o un ragazzo di colore ogni mille verrà ucciso da un agente di polizia negli USA nel corso della propria vita.
Tali episodi sono la causa dell’1,6% di tutti i decessi di afroamericani tra i 20 e i 24 anni.
Eppure, una delle difficoltà maggiori per comprendere le reali dimensioni del fenomeno è rappresentata dalla mancanza di dati affidabili e completi a livello federale.
A occuparsi di tenere traccia di tali vicende sono il Supplementary Homicide Reports (SHR) dell’FBI e il programma Arrest-Related Deaths (ARD) del Bureau of Justice Statistics.
Secondo uno studio condotto nel 2015 dal gruppo RTI International, tra il 2003 e il 2009 e nel 2011, sia il database dell’FBI che il programma del Bureau of Justice Statistics hanno lasciato fuori dal computo quasi un quarto delle morti causate da agenti di polizia, registrandone solo, rispettivamente, il 49% e il 46%.
Proprio per rispondere a tale mancanza di dati, alcune testate internazionali come il Washington Post e il Guardian hanno cominciato negli anni a compilare dei database, tenendo traccia di tutti gli eventi di questo genere.
Non è un caso che, tra le fonti dello studio citato in precedenza, vi sia il lavoro certosino effettuato da Fatal Encounters, progetto che si basa sulle notizie riportate dai media, oltre che su rapporti pubblici, su ricerche commissionate e su dati di crowdsourcing.
Come si può evincere gli Stati Uniti non possono essere considerati quel paese democratico che ritengono di essere, almeno fino a quando casi come questo vengano trattati e puniti penalmente.
Se non fosse stato per le proteste portate avanti dai cittadini (soprattutto dalla comunità afro-americana), la questione si sarebbe risolta soltanto con una blanda punizione amministrativa (ricordiamo che solo a seguito delle proteste le autorità americane hanno deciso di licenziare il poliziotto omicida).
A questo punto porge farsi una domanda: quante persone sono morte a causa di abusi di potere perpetrati dagli agenti di polizia statunitensi?
Stando ai dati statistici riconducibili agli stessi soggetti privati come i progetti Fatal Encounters e Mapping Police Violence, gli agenti di polizia dal 2013 al 2019 hanno ucciso 7.663 persone, ovvero 1.100 l’anno e circa 0.34 ogni 100mila abitanti.
Sono numeri che fanno veramente rabbrividire, soprattutto se rapportati ad un paese il quale si definisce “portatore e sostenitore di valori democratici”.
Voglio anche ricordare che in molti stati degli USA esiste in vigore la pena di morte, la quale è una pena estrema che stride e si oppone ai valori democratici puri, ai quali gli Americani degli States ritengono d’ispirarsi.
Forse è il caso di dover rivalutare lo status democratico degli USA e ricordare che omicida non è soltanto chi fisicamente uccide un altro essere umano, ma anche chi con la propria condotta avalla atti di violenza non puniti, che si risolvono con la perdita volontaria di una vita umana.
Davide Lombino
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]]>Continuateci a seguire sempre, perché l’informazione non e’ sempre quella che ci viene diffusa dai media ufficiali, ma le notizie vanno sempre ricercate e verificate a fondo, per cercare la veridicità dell’informazione, che e’ sempre più compromessa dalla falsa informazione, diretta dal potere politico-economico e dalla politicizzazione dell’informazione stessa, che la rendono sempre più piena d’immondizia mediatica, creando una netta divisione tra la verità dei fatti e l’informazione trasmessa.
Il Fondatore e Direttore
Davide Lombino
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]]>Con la chiusura di tutte le attività commerciali non ritenute essenziali, migliaia di persone, stanno vivendo gli stenti e le incertezze derivate dalla pandemia abbattutasi in Italia di COVID-19, a causa dell’impossibilità di poter lavorare, ed in molti casi alla perdita del posto di lavoro.
Situazione che ha finito di peggiorare un quadro economico-finanziario dissestato, a causa della perpetrazione cronica della crisi economica, la quale per la mancanza di scelte politiche deliberatamente intraprese nel corso degli anni direttamente ed indirettamente da parte degli esecutivi che si sono susseguiti, hanno portato ad un quadro estremamente debilitante.
La situazione attuale in cui versa il paese durante questa nuova situazione pandemica, non è altro che una conseguenza di scelte politiche sbagliate, condotte nei corsi dei precedenti esecutivi, la ricerca di questo “flop” risale fino sin dai tempi del primo governo Berlusconi, con l’approvazione della legge Bianchi la quale permise la costituzione delle agenzie interinali, e la conseguenziale nascita de lavoro precario (lavoro poco per tutti, questo era il motto), per finire con l’ultimo atto posto dal governo Renzi con l’abolizione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
A tutto questo va aggiunto una mancata lotta reale a lavoro nero, perpetrata negli anni che ha aggiunto un altro tassello negativo ad un quadro economico decisamente debole ed aleatorio.
Non si è minimamente pensato che una situazione economica così incerta, perpetrata in decenni di cattiva gestione politica della cosa pubblica, potesse avere delle ripercussioni devastanti nel caso in cui, si fosse verificata qualche calamità eccezionale.
Non si è cercato neppure una soluzione alla riduzione del numero dei parlamentari, e ad una drastica riduzione degli emolumenti parlamentari, i quali come più volte ho ribadito in altri miei articoli, non sono diritti acquisiti.
Sia i precedenti governi, come anche il suo, avrebbero dovuto prendere una drastica decisione nel condurre una politica di “Spending Review” che partisse non dal taglio della spesa pubblica, ma bensì dalla riduzione delle spese superflue, non si è neppure fatta una lotta concreta all’evasione fiscale, la quale avrebbe potuto sortire l’effetto di ripianare i conti dello Stato.
L’inefficienza e l’inefficacia politica hanno prodotto un risultato di estrema vulnerabilità, le quale nel caso in cui si fossero verificati eventi eccezionali, non ci sarebbero state le condizioni di assorbire il colpo di una nuova crisi economica eccezionale, derivante da fattori non controllabili.
L’Italia da decenni non è più un paese di democrazia, il popolo non ha più voce in capitolo, l’incertezza e la mancanza di responsabilità politica, condotta negli anni ha portato alla perdita di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni.
In Italia si sono fatte delle scelte politiche in funzione di perpetrare una politica del consenso sociale, al fine della ricerca del favore politico e del voto, la mancanza di sensibilizzazione da parte delle istituzioni politiche e di chi ne rappresenta e ne ha rappresentato i governi, è il risultato di quanto sta avvenendo oggi durante la crisi COVID-19.
Signor Presidente, questa mia lettera, non è un attacco al suo governo o alla sua persona, perché quello che rappresenta l’Italia oggi, e la riflessione della cattiva gestione della cosa pubblica, perpetrata in un ventennio, e da precedenti esecutivi, a prescindere dalla connotazione politica.
La denuncia che muovo oggi a Lei come al suo esecutivo bis, è la mancanza di volontà politica di potere cambiare veramente le cose, prima ancora che questa crisi di COVID-19 si fosse abbattuta.
Io non sono un politico, tantomeno “un rispettabile” economista uscito dalla Bocconi, ma un semplice cittadino che guarda ed analizza le cose da un semplice punto di vista umano, il quale capisce che una politica di cassa integrazione perpetua, il congelamento della scala mobile e la riduzione progressiva delle pensioni contributive (le quali, le ricordo sono diritti acquisiti dei lavoratori), il taglio della spesa pubblica non sono soluzioni permanenti alla rinascita economica del paese, ma misure temporanea di urgenza, le quali necessitano di una pianificazione economico-finanziaria sostenibile ed improntata su decisioni programmatiche concrete con visione a lungo termine.
Questa politica del nulla, ha creato nel tempo tensione sociale, la quale ignorata ha portato sfortunatamente ad azioni estreme dei cittadini, quali quelle di sciacallaggio e di violenza sociale, che minano una democrazia già alquanto debilitata, per non dire inesistente.
Da anni personalmente ho preso le distanze da ogni partito o corrente politica, in quanto non credo che ci sia un interessamento reale ai problemi del Paese.
L’economia è da decenni ferma in Italia, il tasso di ripresa economica prima del COVID-19 si attestava allo 0.2%, ovvero quasi lo zero percento.
Ci volete fare credere che sia ancora un paese, il nostro, dove industrialmente ed economicamente contiamo, ma la nostra economia in Europa è solo davanti a quella Greca, che rappresenta il fanalino di coda delle economie europee.
Navigando su Facebook ho trovato un video di un mio concittadino Giovanni Puleo, il quale Le rivolge una preghiera, ovvero quello di essere un governo del fare, abbattendo tutte le frontiere burocratiche (le quali purtroppo restano un nostro primato).
La voglio lasciare con un’esortazione a varare un decreto legge per la riduzione dei parlamentari, l’abbattimento e il taglio alle varie indennità, e l’abolizione delle pensioni dei parlamentari che hanno completato una legislatura ed a fare una dura e vera lotta all’evasione fiscale come obiettivo primario del suo esecutivo.
In fondo a questa pagine inoltre troverà il video di cui sopra, che vuole essere non una voce isolata di un semplice cittadino comune, ma un grido comune di denuncia ed esortazione, di tutti i cittadini italiani, che sono stanchi di decenni di promesse vane e inadeguatezza ed inefficienza politica.
Davide Lombino
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]]>Il COVID-19 non sarebbe un virus derivato dai pipistrelli e trasmesso all’uomo tramite materiale biologico, ma sia stato riprodotto in laboratorio presso i centri batteriologici americani, per scagliare un attacco alla Cina e fermarne la forte ascesa ed affermazione economica in campo mondiale.
La Cina il 13 Marzo 2019 ha accusato formalmente gli Stati Uniti di avere portato il virus COVID-19, appunto, durante lo svolgimento delle suddette esercitazioni militari, pertanto ha formalmente chiesto una spiegazione a riguardo, basandosi su un video riguardante un’interpellanza parlamentare effettuato molti mesi primi della diffusione del virus, da parte del direttore del CDC americano Robert Redfield che risponde ad un’interrogazione parlamentare; nel quale ammette che nei mesi precedenti ci sono stati casi di COVID-19 negli Stati Uniti, fatti passare per casi di normale stati influenzali.
La Cina ha formalmente chiesto agli Stati Uniti la data di decorrenza relativa alla comparsa del virus COVID-19.
La Richiesta è stata formalmente inviata tramite un “tweet” del 13 marzo 2019 dal portavoce del ministero degli esteri cinese Lijian Zhao, il quale ha chiesto maggiori chiarimenti ed informazioni relativi al coronavirus, senza però mantenere toni accusatori, relativi all’immissione del virus in Cina; in quanto non ci sono prove tangibili che possano avvalorare tale tesi.
Il giornalista Massimo Mazzucco era stato già sotto i riflettori durante l’epidemia di ebola che si era diffusa in Africa nel 2014, il quale aveva denunciato è pubblicato sulla testata giornalistica “Luogo Comune”, un possibile complotto relativo alla diffusione del virus, basandosi su una notizia rilasciata da un quotidiano della Liberia il “Daily Observer”, nel quale uno scienziato locale il dottor Brodereck accusava gli Americani di aver ingegnerizzato in laboratorio il virus; per poi trasportarlo fino in Africa.
Dopo questo articolo il giornalista venne invitato ad approfondire l’argomento nella trasmissione Matrix, insieme alla virologa Silvia Meschi, il quale ha spiegato approfonditamente la teoria del complotto in fase di registrazione, ma inspiegabilmente quando il video è stato rimontato e messo in onda, la teoria del complotto è stata tagliata; ed il video termina con le parole della Virologa Meschi, la quale stentatamente cerca di smontare la teoria stessa.
A questo punto non possiamo trascurare nessuna ipotesi sulla comparsa del virus COVID-19, pertanto ho ritenuto plausibile pubblicare il video registrato dal giornalista Massimo Mazzuco; nel quale spiegherà largamente la teoria del complotto degli Stati Uniti.
Il giornalista inoltre avanza l’ipotesi che considerando la diffusione pandemica e la localizzazione geografica del virus a livello globale, si evince che; la pandemia abbia colpito maggiormente la Cina prima (per le ragioni sopra spiegate) e l’Italia dopo, ipotizzando una possibile punizione inflitta dagli Usa nei nostri confronti a causa degli accordi commerciali stimati pochi mesi prima dell’apparizione del virus tra Italia e Cina.
Ipotesi di cospirazione quindi ampiamente pubblicata e supportata fra le piste che conducono all’apparizione del coronavirus, il quale potrebbe essersi abbattuto non per caso in certe aree; piuttosto che in altre.
Il giornalista italiano spiega inoltre che l’ipotesi della cospirazione parte da lontano e coinvolgerebbero alcuni ricchi investitori che hanno ipotizzato il crollo dei mercati finanziari nel mese di marzo 2020 investendo ingenti milioni di dollari.
Infatti un mese dopo le esercitazioni di Wuhan il “Wall Street Journal” ha pubblicato la notizia che la Bridgewater; il più grande fondo d’investimento mondiale, aveva scommesso 1.5 miliardi di dollari americani in opzioni, sulla caduta dei mercati.
Teoria del complotto o realtà mediatica nascosta; non sappiamo; sicuramente alla fine di questa situazione pandemica bisognerebbe cercare di investigare più a fondo sull’accaduto.
Sembrerebbe quasi impensabile, ma non impossibile che la vita dell’umanità venga messa in gioco puramente per scopi economico-finanziari.
Davide Lombino
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Il governo australiano sta affrontando la situazione con settimane di ritardo, cercando di limitare ed arginare quanto meno lo spostamento di persone, anche se non c’è per il momento una restrizione totale.
Anche negli aeroporti le persone che arrivano non vengono controllate e tanto meno viene rilevata la temperatura corporea.
Non sono state impiegate quelle misure drastiche precauzionali, che in tutti i paesi del mondo sono già state messe in atto da settimane.
Sono state limitate le associazioni di persone e gli assembramenti ad un massimo di 10 persone in misura precauzionale; la percezione della pandemia a livello comune è differente, si è creata una psicosi sociale nella gente, che ha indotto le persone a riversarsi nei supermercati e centri commerciali, per rimpinguare abbondantemente la dispensa di casa, come se la pandemia fosse già ampiamente diffusa.
I primi beni ad essere acquistati sono stati la carta igienica e carta da casa in larga scala; tanto che i supermercati non hanno al momento nessuna riserva (situazione questa alquanto incomprensibile).
Successivamente sono state prese di assalto gli alimenti in scatola i cereali, i vegetali congelati, nonostante l’appello rivolto ai cittadini da parte del governo federale di stare tranquilli in quanto gli approvvigionamenti non avrebbero subito riduzioni di fornitura.
La cosa più sconcertante di tutta questa situazione è la mancanza di stato sociale e di solidarietà’ da parte degli australiani.
Ci sono un paio di milioni di persone bloccate in Australia impossibilitate a rientrare nei propri paesi con visto in scadenza che sono state letteralmente abbandonate a sé stesse (si conta un numero di circa 2.2 milioni, tra le quali anche il padre del sottoscritto).
Chiamando il dipartimento dell’immigrazione australiana, non sanno fronteggiare il problema, l’unico consiglio che propongono e di spulciare tra le centinaia di visti che hanno a disposizione per fare richiesta di un visto differente in maniera da estendere il periodo di permanenza in Australia.
Ovviamente le persone comuni non sono competenti, pertanto diventa conseguenzialmente comprensibile le difficoltà per la scelta di un visto congruo per ogni singolo caso.
Inoltre il dipartimento dell’immigrazione richiede a pagamento; l’espletazione di un check-up completo della persona che richiede l’estensione del visto per un importo pari a circa 285 dollari australiani.
Nell’ipotesi che si trovi un visto che possa essere ritenuto congruo, si dovrà sborsare una cifra che varia dalle 360 ai 600 dollari australiani.
Nella peggiore delle ipotesi per fronteggiare l’emergenza; una persona straniera; dovrà sborsare una cifra pari a quasi 800 dollari australiani, i quali però non danno la certezza dell’approvazione del visto.
Il Department of Home Affairs Australiano nel caso di un rifiuto della domanda per l’estensione del visto non provvederà al rimborso delle tariffe pagate.
In una situazione di emergenza mondiale; affiora la venialità e la ricerca del profitto dell’ufficio immigrazione australiano, i quali traggono un vantaggio economico da una situazione di disagio sociale da parte di chi è impossibilitato a tornare a casa.
Tempo fa avevo già trattato un articolo riguardante la mancanza di stato sociale in Australia, l’insensibilità di questo governo è inaudita.
Soltanto pochi mesi fa gli Stati Uniti hanno inviato un numero di pompieri volontari in Australia; per fronteggiare il fronte degli estesi incendi che hanno devastato il paese; a titolo gratuito e un ristretto numero di pompieri americani purtroppo hanno perso la vita.
Il governo australiano approfittando di un momento di difficoltà degli stranieri che si trovano impossibilitati a rientrare nei propri paesi di origine (previa sospensione di tutti i voli da e verso l’Australia); non sta avendo remore a lucrare e richiedere il pagamento di tariffe di visto e visite mediche, senza cercare di creare una soluzione alternativa e gratuita per tutti coloro che si trovano bloccati in questo paese, visto il caso di eccezionalità ed emergenza.
Tutto ciò dimostra che l’insensibilità’ sociale e la ricerca del profitto da parte degli Australiani, il quale quest’ultimo rappresenta la prima ragione di vita in Australia, assunta come valore sociale globale della società australiana moderna da ricercare a tutti i costi, non curandosi minimamente di un fattore umano molto più importante, ovvero il valore umano ed umanitario i quali dovrebbero rappresentare un unico valore assoluto come garante di solidarietà umana anche tra popoli di diversa razza religione provenienza e cultura.
Il governo australiano ed in particolare il dipartimento dell’immigrazione australiana si stanno dimostrando inefficaci ed inefficienti nella gestione degli stranieri, i quali oltre al trauma di trovarsi bloccati in terra straniera; devono sopportare lo stress di non sapere quale decisione venga presa in merito all’estensione dei visti i quali nonostante siano state presentate le domande di prolungamento, e nonostante l’immigrazione australiana abbia già fatto pagare le tariffe relative ai visti, ha risposta che non garantisce un eventuale esito positivo della richiesta, chiarificando che anche se la domanda dovesse venire respinta il corrispettivo pagato non sarà restituito.
Siamo dinnanzi ad un caso di disumanizzazione unica nella storia dell’umanità; dove il profitto ha soppiantato qualsiasi valore sociale ed umano in questo paese.
Fino a qualche mese fa abbiamo assistito al grande atto di umanità che gli Stati Uniti hanno rivolto nei confronti dell’Australia inviando come detto dei pompieri i quali si sono immolati per una causa strettamente umanitaria.
Personalmente essendo coinvolto nella questione, (come già detto mio padre si trova nella medesima situazione); ho sentito il bisogno di denunciare il caso presso una testata regionale il quale articolo di denuncia è stato pubblicato presso il quotidiano “The Standard” sia nella versione online che in quella cartacea (troverete il link a fondo pagina).
Quale occasione persa dell’Australia per restituire un grazie tramite un atto umanitario gratuito a tutti coloro che in questo momento vivono l’incubo di dover restare in un paese straniero ed i quali vivono possibilmente dei drammi familiari derivati dalla morte di qualche congiunto a causa della pandemia, e pertanto impossibilitati a darne un ultimo saluto d’addio.
https://www.standard.net.au/story/6687937/stuck-in-limbo-visa-headache-for-italian-visitor/?cs=72
Davide Lombino
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]]>Dopo la mia pubblicazione, mi sono preso la briga di mandare una email, alle maggiori testate giornalistiche italiane (il link alla email lo troverete a fine articolo), per cercare di sensibilizzare il problema, e vedere se nel contempo riuscire a risolvere una questione che ormai in Italia va avanti da fin troppo tempo.
Alla data odierno non ho ricevuto nessun riscontro proattivo, da parte di nessuna delle testate giornalistiche a cui ho scritto.
Non farò l’elenco dei giornali contattati, ma troverete in allegato a questo articolo, il testo della email inviato alle varie redazioni.
È semplicemente sconcertante pensare che un’anomalia del genere possa andare avanti da tanti anni, senza che nessuno faccia veramente nulla, per cambiare un requisito attitudinale discriminante e incostituzionale, il quale non dovrebbe essere fra l’altro un elemento valutativo ai fini professionali, per l’inclusione o meno dei possibili candidati.
Inoltre, il requisito anagrafico, viene richiesto soltanto se l’azienda pubblica o privata che sia, opera su territorio nazionale, tale elemento scompare totalmente, se l’applicante residente all’estero, decide di concorrere per una selezione di concorso pubblico nazionale, inerente a posizioni aperte sul territorio estero.
Il 12 ottobre scorso, il consolato generale italiano con sede a Melbourne, ha indetto un concorso pubblico, come assistente amministrativo nel settore segreteria-archivio del consolato stesso, i termini di scadenza del concorso erano fissati a fine novembre 2018 (bando allegato a fine articolo).
Fra i requisiti richiesti, non c’era nessun riferimento ai limiti anagrafici, il concorso era rivolto ai cittadini italiani residenti in Australia da almeno due anni i quali erano in possesso di diploma d’istruzione secondaria di primo grado o equivalente.
Come possiamo vedere la costituzionalità dei criteri di assunzione vengono applicati o meno, a seconda se il cittadino si trova residente all’estero, ci troviamo di fronte ad una forma di vizio giuridico di fatto, che renderebbe annullabile i criteri selettivi stessi, e di conseguenza il concorso, in presenza del suddetto elemento anagrafico nei criteri di assunzione aziendale, il quale fra l’altro come già detto risulta anche discriminante.
Siamo di fronte ad un’altra anomalia del tutto italiana, dove la legge in Italia si fa, ma poi si interpreta in mille altri modi, sicché ognuno l’applica come vuole.
La cosa che più mi preoccupa e mi delude profondamente di tutta questa questione, resta l’assenza di giustizia sociale, la totale apatia ed insofferenza da parte delle nostre autorità politico-istituzionali, ai fattori di ordine costituzionale riconducibili a eventi di giustizia sociale, i quali dovrebbero essere posti al primo posto in qualsiasi forma di democrazia avanzata.
Bisogna che il cittadino prenda coscienza di tutto ciò, affinché possa utilizzare gli strumenti che la democrazia mette a sua completa disposizione (i quali fra l’altro ci scordiamo di poterli esercitare liberamente, diritto garantito dalla Costituzione stessa, esempio il referendum), per poter far valere i proprio diritti sociali, e non soccombere sotto coloro che vogliono usare la nostra Costituzione come un semplice pezzo di carta scritta, quale elemento e documento storico, comprovante la nascita della nostra Costituzione, privando quest’ultima dei pieni poteri giuridici che attribuisce ai cittadini.
Spero che il mio articolo non venga interpretato come la semplice amarezza, e frustrazione di un cittadino espatriato, ma bensì come un grido di rabbia e di monito, per tutti coloro che della Costituzione ne fanno una strumentalizzazione giuridico-mediatica.
Davide Lombino
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Prima di potersi cimentare in una riforma seria, bisognerebbe eliminare “le falle costituzionali”, che si trovano all’interno del nostro sistema del lavoro, a cominciare dal percorso di assunzione aziendale.
In questi giorni la più grande azienda italiana di trasporti, Trenitalia, ha indetto un bando di partecipazione per l’assunzione di circa 4mila nuovi unità, nel corso del 2019, destinate a vari profili aziendali.
Quello che mi ha colpito, sono stati i prerequisiti richiesti per la modalità di candidatura per i quali i candidati devono essere idonei, al fine di partecipare alle selezioni aziendali.
Ad esempio per i profili di macchinista, capistazione e tecnici polifunzionale treno, leggevo nelle note aziendali di Trenitalia, occorre avere conseguito un diploma di scuola media superiore con una valutazione minima di 70/100 ed un’età compresa tra i 18 ed i 29 anni.
Per quanto riguarda la votazione minima scolastica richiesta, come prerequisito di ammissione, non ho nulla da obiettare, ma trovo veramente controverso ed anti costituzionale, la nota esplicita che riguarda il vincolo dell’età anagrafica.
La Costituzione italiana, già nel primo articolo parla del lavoro come fondamento della Repubblica italiana, affermando che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro.
Agli articoli 2 e 3 si ribadisce che “la Repubblica (…) richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” ed è sempre “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli (…), che, (…) impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
All’articolo 4 si configura il lavoro come diritto del cittadino e suo dovere – “secondo le proprie possibilità e la propria scelta” – e si precisa che la Repubblica “promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.
Come si vede la nostra Costituzione non fa alcun riferimento a delle limitazioni anagrafiche, come prerequisito al diritto al lavoro, quindi si evince che tale diritto può essere esercitato da tutti i cittadini, che sono titolari dei diritti di cittadinanza , per i quali lo Stato e le autorità che lo rappresentano, (lo sottolineo, perché spesso i nostri rappresentati politici sembrano che lo dimentichino). dovrebbero adoperarsi pienamente, al fine di far rispettare non solo la legalità, ma anche la Costituzionalità di tutti gli emendamenti e regolamenti emanati dai soggetti giuridici che operano in Italia (pubblici e privati).
Pertanto un prerequisito anagrafico non solo è un termine perentorio di discriminazione anagrafica, ma non di certo aiuta a ridurre il tasso di disoccupazione in Italia.
Voglio ricordare che tutti coloro che sono nati dopo il 1979 (i quali formano l’attuale classe di quarantenni); rappresentano un’ampia fascia generazionale, la quale tutt’ora vive l’incubo della mancanza di lavoro, persone giovane, pienamente abili a lavoro, ma con un grosso handicap, l’età anagrafica che automaticamente li rende archiviabili presso i centri territoriali per l’impiego, sotto la voce “minusvalenza da vuoti a perdere”.
Questa anomalia “discriminazionale”, non riguarda solo Trenitalia, ma si ripresenta ogni volta che un’azienda decida di attuare una politica di assunzione, abitudine che viene fra l’altro perpetrata da decenni, senza che nessuna istituzione (che sia politica o sindacale o costituzionale), provi ad eliminare questa condizione presente ormai in ogni iter di assunzione aziendale fra l’altro anticostituzionale.
I Governi, le aziende, i media e tutti gli operatori che agiscono nel mercato economico globale, provano ogni giorno a cambiare la cultura del lavoro, perpetrando il principio della globalizzazione economica e sociale.
Tale principio non è congruente con ogni forma di discriminazione, che possa essere sociale, politica, religiosa, di idee, di opinioni e soprattutto di età anagrafica.
Pertanto mi auguro che le istituzioni politiche, sindacali ed aziendali, possano trovare una soluzione a questa clausola contrattuale discriminativa, e possano veramente impegnarsi al fine di diminuire prima il tasso di disoccupazione del paese e poi, intervenire su quello di inoccupazione.
In Europa, come nel resto del mondo non viene posto un vincolo d’età per le assunzioni in azienda o negli organi dello Stato; pertanto possiamo sicuramente parlare di un’altra anomalia del tutto italiana.
Davide Lombino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
]]>Il conduttore virtuale, ha delle sembianze umane, la notizia ha fatto il giro del mondo, riportata anche delle maggiori testate giornalistiche internazionali.
Nei video mostrati dalle emittenti cinesi, sono presenti due giornalisti realizzati al computer, che leggono il telegiornale al posto di conduttori in carne ed ossa.
Il prototipo di conduttore virtuale è stato realizzato dal motore di ricerca “Sogou” e da Xinhua, l’agenzia di stampa ufficiale cinese che ne ha presentato due differenti versioni: una in lingua inglese e una in cinese.
Il nome del finto conduttore in lingua inglese è “English AI Anchor” (dove “AI” sta per “Artificial Intelligence”) e ha le sembianze di un vero giornalista dell’agenzia di stampa cinese, di nome Zhang Zhao.
Le espressioni facciali simulano quelle di un essere umano.
Dopo la sigla del notiziario, il conduttore computerizzato in lingua inglese ha esordito così, davanti ai telespettatori: “Salve a tutti, sono un conduttore di news artificiale in lingua inglese.
Questo è il mio primo giorno all’agenzia Xinhua. Anche il conduttore artificiale di news in cinese, durante la lettura delle notizie, ha espressioni del viso simili a quelle umane e ha le fattezze di un giornalista in carne e ossa della principale agenzia di stampa cinese, di nome Qiu Hao.
Entrambi i conduttori virtuali sono stati progettati con dei computer che replicano il suono della voce, i movimenti facciali e la gestualità dei conduttori reali.
È instancabile e potrebbe anche presentare le notizie all’infinito.
L’agenzia Xinhua utilizza attualmente dei robot per la stesura di testi di news on line, ma sotto la supervisione di un editor umano, come avviene per l’aggiornamento sull’andamento dei mercati azionari asiatici.
L’arrivo del conduttore virtuale ha creato una grossa divisione e reazioni all’interno dell’opinione pubblica cinese: sui social media cinesi, c’è chi lo ha definito “spaventoso”, oppure chi ha detto che “mette i brividi a vederlo”.
L’obiettivo che si voleva raggiungere, ha spiegato l’agenzia di stampa Xinhua, era quello di “creare un’immagine che sembri umana, invece di un freddo robot”.
Anche la nuova invenzione, però, ha i suoi limiti: l’infaticabile conduttore, pur essendo in grado di fornire news a ciclo continuo (per 24 ore al giorno e 7 giorni su 7, come un canale “all news”), ha bisogno di una fornitura continua di testi per potere continuare a operare come conduttore.
Dovrà essere assistito, dunque, da una corposa redazione, in grado di sfornare notizie fresche e sempre aggiornate, destinate poi ad essere lette dal giornalista-robot.
Il conduttore artificiale è il clone di un vero giornalista ed è programmato attraverso dei computer, ma è dotato di minore spontaneità rispetto ad una persona reale.
Infatti, anche se il suo compito principale è riportare le notizie elaborate dai suoi “colleghi” reali, il rischio è che l’anchorman virtuale risulti inespressivo e noioso agli occhi dei telespettatori (il suo tono di voce è piatto, ha un’espressione seriosa e non manifesta emozioni e sorrisi).
Tuttavia, dato il rapido sviluppo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale negli ultimi anni, non è escluso che, in un ipotetico futuro, i conduttori dei telegiornali di alcuni Paesi possano essere sostituiti da robot, “conduttori proiettati” o ologrammi.Ciò come si capisce avrebbe un impatto devastante su tutto il mondo del giornalismo moderno, causando la perdita di posti di lavoro per tutti quei giornalisti conduttori dei tg nazionali e locali.
Questa è un’altra conferma che la tecnologia applicata alle attività umane, sostituisce sempre di più l’essere umano nelle sue competenze lavorative, ridimensionando le azioni, ed avendo un impatto incisivo sul mercato del lavoro, il quale risulta già di per sé instabile.
La ricerca compulsiva nell’applicazione delle tecnologie in ambito lavorativo, è mirata alla ricerca costante della riduzione del costo del lavoro.
Tale ricerca è accentuata soprattutto dai fattori di globalizzazione economica mondiale, le cui leve sono manovrate dal capitalismo moderno, il cui unico scopo è la ricerca assoluta del profitto economico.
Davide Lombino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lo si è visto a Genova dopo il crollo del ponte Morandi per mancata manutenzione, ma anche dal crollo del tetto della chiesa dei matrimoni a San Giuseppe dei Falegnami, gioiello barocco nel cuore dei Fori Imperiali restaurato non più di tre anni fa.
Il perché avviene tutto questo va ricercato nella ricerca compulsiva del profitto economico che ha sostituito nel corso degli anni anche quei valori morali e dignitari; che sono associati alla responsabilità di chi si occupa di manutenzione e restauri delle infrastrutture ed opere pubbliche.
Nel caso di Genova; il governo ha fatto bene a togliere l’appalto delle opere infrastrutturali alla società Autostrade, ma non si è fatto nulla per attribuire pienamente le responsabilità e le colpe ai dirigenti che non hanno prestato attenzione alla criticità della sicurezza del ponte, per il quale già nel 1993 era stato redatto un rapporto nel quale si evinceva la necessità di rinforzare il ponte.
L’Italia è un paese con la “doppia morale”, quando si tratta di licenziamenti da parte della classe operaia, le decisioni vengono rese operative in un batter di ciglio; quando si tratta di prendere seri provvedimenti amministrativi e penali verso i dirigenti responsabili di avere causato una strage di vittime innocenti, ecco che tutto viene insabbiato.
Nel caso della chiesa dei Matrimonio, bisognerebbe investigare sui manager che hanno avvallato la firma di fine lavori; per i quali si sono assunti la responsabilità, che i lavori fossero stati eseguiti a norma di legge con scrupolo e rigore.
Non possiamo neanche escludere la responsabilità dello Stato in tutto questo; il quale avendo perpetrato nel corso degli anni una politica di privatizzazione di azienda preposte alla realizzazione di opere pubbliche, ha in un qualche modo avallato questo stato di degrado in cui il nostro paese vessa.
Non si può derogare la gestione dei servizi pubblici ai privati, e come dare il coniglio alla volpe e pretendere che questo ultimo ne abbia cura, il profitto economico rema verso una direzione opposta rispetto alla gestione della cosa pubblica, lo Stato deve intervenire con adeguatezza e responsabilità e farsi garante della gestione dei servizi pubblici come bene comune.
Voglio inoltre ricordare che, i casi di Genova e Roma non sono casi isolati, a proposito voglio menzionare i tragici disastri ferroviari che sono accaduti negli anni 1996 e 1997, mai registrati nella storia delle ferrovie italiane, avvenuti dopo il processo di privatizzazione dell’azienda, i quali hanno provocato tanto dolore negli italiani, causati soprattutto dalla carente manutenzione della linea ferrata e dei materiali rotabili, e soprattutto ad un carente regolamento di sicurezza circolazione dei treni.
Bisogna rivedere i passi e la strada intrapresa anni fa, lo Stato dovrebbe rivedere la politica della gestione dei lavori pubblici e possibilmente statalizzare quelle aziende che sono preposte al controllo della realizzazione, manutenzione e adeguamento delle opere e servizi pubblici.
Parliamo di servizi ed opere pubbliche, il che come già detto; è un concetto slegato dalle politiche del profitto, essendo dei beni supremi per tutta la collettività, per i quali non si può giocare una politica al ribasso dei prezzi.
Pertanto togliere l’appalto ad una azienda che non ha svolto il suo compito a dovere; è un primo passo di giustizia verso coloro che hanno perso i familiari nei tragici eventi descritti, ma rimane un passo incompleto se non si attribuiranno le colpe e responsabilità ai dirigenti delle azienda coinvolte, i quali a causa del perseguimento del profitto come scopo assoluto, hanno totalmente ignorato ogni standard di sicurezza nella gestione della cosa pubblica, considerandola come esclusivo interesse privato.
Davide Lombino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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