I costi della casta, parlamentari e dipendenti di Montecitorio percepiscono stipendi invidiabili dai loro colleghi europei

In un periodo di tagli della spesa pubblica e spending review, dove è stato chiesto agli italiani di fare enormi sacrifici; dove i posti di lavoro si perdono e non se ne creano, ma soprattutto dove si fa veramente fatica ad arrivare alla fine del mese, vogliano dare una visione ed analizzare quanti i nostri parlamentari e dipendenti di Montecitorio (l’elite) ci costano e di conseguenza quanto si potrebbe risparmiare.

Cominciamo dal dire che i parlamentari italiani sono i più pagati d’Europa, ricevendo uno stipendio lordo mensile maggiore di 16 mila euro, ciò equivale al 60% in più della media degli stipendi dei parlamentari europei. Il rapporto è stato estrapolato dall’annuale relazione emanata dalla commissione  dell’Istat depositato in parlamento il 31 dicembre 2010 presieduta dal presidente dello stesso istituto Enrico Giovannini.
Analizziamo più nel dettaglio le voci che compongono gli emolumenti percepiti dalla casta:
la retribuzione lorda mensile di un deputato italiano è composta da un’indennità parlamentare di 11.283,3 euro lorde a cui si aggiunge una diaria di 3.503,1 euro, 1.331,7 euro per i trasporti (a fronte peraltro di una spesa nulla, dal momento che viaggiano gratis su treni, autostrade, navi e aerei), 258,2 euro per le spese telefoniche e 41,7 euro per la dotazione informatica. Dal conteggio sono esclusi gli importi per i collaboratori diretti, che rientrano nelle spese di rappresentanza, pari ad ulteriori 3.690 euro mensili.
 
Gli importi sono simili per un senatore che ogni mese riceve 11.555 euro di indennità parlamentare, 3.500 di diaria, 1.650 euro per i trasporti e 4.180 euro per le spese di rappresentanza.
 
A tutto questo si aggiunge il vitalizio che ogni parlamentare italiano prende dopo cinque anni di mandato, pari a 2.486 euro mensili, con un versamento all’8,6% dell’indennità lorda. In Francia il vitalizio minimo, per lo stesso periodo, è di 780 euro con un versamento del 10,5% dell’indennità legislativa.
 Dal primo gennaio 2012, il vitalizio dei parlamentari italiani è stato sostituito dalla pensione con metodo contributivo a partire dal compimento dei 65 anni o dei 60 se si è ricoperto il ruolo per almeno due legislature. Resta in vigore, invece, l’assegno di fine mandato.
Se un deputato italiano prende, quindi, tra indennità parlamentare, diaria e rimborso di trasporto oltre 16mila euro (più i 3.690 euro erogati al suo gruppo parlamentare), in Francia un suo collega prende circa 14mila euro e in Germania poco più di 12mila. Un membro dell’assemblea nazionale di Parigi, infatti, prende 7.100 euro di indennità parlamentare e 6.412 per le spese di rappresentanza.
Al contrario dei nostri parlamentari non prende dei soldi di diaria (3.503 euro per gli italiani) per pagarsi un affitto nella capitale, ma ha accesso ad alloggi a tariffe agevolate. E non ha alcun rimborso per i trasporti e neanche tutti i biglietti gratis, ma un carnet di 40 viaggi di andata e ritorno tra Parigi e il proprio collegio e sei fuori dal proprio collegio, oltre a una carta ferroviaria che dà diritto ad altri sconti.
In Germania un deputato ha 7.668 euro di indennità parlamentare e 3.984 di diaria. Può viaggiare gratis sui treni, ha un rimborso per i voli interni e ha a disposizione vetture di servizio a Berlino. Per le spese di segreteria e rappresentanza ha a disposizione 1.000 euro. I collaboratori, che in Italia sono pagati direttamente dal deputato, e perciò spesso in modo irregolare, sono assunti e pagati, in Francia e Germania, direttamente dal Parlamento.
Si tratta di dati, comunque, puntualizza la commissione “del tutto provvisori e di qualità insufficiente per una loro utilizzazione ai fini indicati dalla legge”. Insomma “tenuto conto – scrivono gli esperti – delle richieste avanzate dal Governo e dalle Presidenze della Camera e del Senato, i dati disponibili vengono messi a disposizione dell’opinione pubblica” ma non si può procedere a drastici interventi perché i dati sono tutto sommato poco comparabili. “Nonostante l’impegno profuso – scrive ancora la commissione – e tenendo conto della estrema delicatezza del compito ad essa affidato, nonché delle attese dell’opinione pubblica sui suoi risultati, la Commissione non è in condizione di effettuare il calcolo di nessuno delle medie di riferimento con l’accuratezza richiesta dalla normativa. Le tavole presentate con riferimento ai deputati e ai senatori (le uniche categorie per le quali sono finora pervenuti dati riferiti a tutti i sei paesi) bene illustrano le difficoltà di calcolare dati di qualità e sufficientemente comparabili”.
Altro dato da non trascurare in questa inchiesta riguarda l’aumento progressivo dei guadagni parlamentari rispetto al titolo di studio conseguito.
Nel 1948 il numero dei parlamentari laureati in parlamento costituivano il 90% dell’intero parlamento stesso. Oggi la stessa percentuale è scesa al 65%, ma i guadagni sono progressivamente aumentati.
La casta non è rappresentata solo dai nostri parlamentari, ma anche da chi a Montecitorio lavora stabilmente da anni.
I barbieri di Montecitorio lavorano soltanto nei giorni di seduta svolgendo orario continuato dalle 8 alle 20 di sera, e percepiscono una retribuzione annua lorda di 136 mila euro. In definitiva i barbieri di Montecitorio con 40 anni di anzianità guadagnano 136.120 euro e 23.994 di contributi previdenziali.
Una paga di tutto rispetto degno di un parlamentare; infatti guadagnano più dello stesso governatore di New York  con i suoi  (per così dire) 130 mila dollari.
Con 30 anni di onorata carriera alla Camera la retribuzione supera 130 mila euro.
Tra i dipendenti di Montecitorio la situazione non è molto diversa. si va dai 406 mila euro del segretario generale, ai 30mila per il livello più basso all’ingresso, gli stipendi crescono con l’anzianità e dopo 20 anni nessuno prende meno di 89mila euro.
Facciamo veramente fatica a dare credibilità ad un governo che elogia tanto l’approvata legge di stabilità e si è dato da fare per aumentare la  Spending Review; ma il tutto riguarda e colpisce direttamente solo i cittadini italiani; senza un coinvolgimento della casta, che al momento di tagliare i loro costi; (dando per altro una lauta sforbiciata), si limita a parlarne accademicamente, senza peraltro partecipare attivamente e responsabilmente al processo di risanamento economico del nostro paese.
I fondi derivanti dai tagli che potrebbero operare i parlamentari sui loro emolumenti, sarebbero potuto essere impiegato a favore del welfare ma anche della riduzione della pressione fiscale sui redditi da lavoro; nonché impiegati a supporto dell’incremento dei servizi pubblici ridotti all’osso e totalmente deficitari.
Il quadro delineato apre scenari che dovrebbero farci riflettere; affinché noi italiani tutti possiamo definitivamente svegliarci dall’incubo dell’oppressa sottomissione della casta parlamentare e parassitaria italiana.
Davide Lombino

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