La Magistratura, Berlusconi ed il Pdl ; un trinomio dagli aspetti controversi

Dopo sei anni di attesa dall’avvio del processo Mediaset per la frode riguardante la compravendita dei diritti tv, arriva la sentenza di condanna dell’azienda e con essa anche la condanna a quattro anni di reclusione a Berlusconi colpevole insieme a Confalonieri di frode fiscale nei confronti dello Stato. 

La sentenza non è stata ben digerita dal Cavaliere, che ha ben deciso di rispondere con una conferenza; dichiarando che si tratterebbe di una sentenza politica da parte della magistratura di Milano, la quale è stata definita dallo stesso un organo magistrocratico. 

Berlusconi ha anche asserito che intenderà restare in campo politico, anche se non intenderà ricandidarsi come premier, uno dei punti focali; vorrebbe farsi’ che si attuasse una riformare della giustizia in quanto ritenuta troppo iniqua e autocratica. 

La verità resta comunque nelle prove che la magistratura di Milano ha contro l’ex premier, prove schiaccianti, alle quali non si puo’ passare sopra; perché in uno stato democratico la legge è uguale per tutti; senza distinzioni fra ricchi e poveri, fra personalità e gente comune, tra politici ed attivisti.
Molti sostenitori di Berlusconi vorrebbero che si ricandidasse alle prossime elezioni; ma va anche ricordato che sarebbe un grosso errore ripresentare una personalità politica sulla quale ci sono più ombre che certezze. Inoltre sarebbe un grosso errore politico, non dimentichiamo che l’Europa ha tagliato fuori l’Italia dalle decisioni di rilievo; a causa della sfiducia attribuita a Berlusconi quando ricoprì il ruolo di primo ministro in carica durante l’attuale legislazione. 

Berlusconi ha già dato tutto quello che doveva dare, e dovrà accettare la sentenza affidandosi alla giustizia; che non ha nessuna preclusione d’incriminare i singoli cittadini senza un giustificato motivo. Berlusconi attacca tutti, da un immagine di se come l’uomo che non può mai perdere, come colui che è stato eletto per il bene del Paese. 

Però si ricordi che tutti siamo necessari, e nessuno è indispensabile; la giustizia ha fatto il suo corso; ora è tempo che l’imputato faccia il suo. 

Il Pdl deve dimostrare di sapersi spianare la strada da solo verso una nuova leadership di successo; di non essere l’emblema di un singolo uomo; ma di rappresentare la pluralità dell’elettorato che rappresenta. 

Un partito che ha rappresentato la maggioranza deve avere la propria personalità giuridica necessaria per affermarsi. 

Se il Pdl non si svincolerà dalla logica del singolo; rischierà di compromettere il suo cammino verso le sue elezioni; e dimostrerà di non essere un partito moderno, ne democratico. Bisogna voltare pagina e affidarsi ad una nuova classe dirigente dai volti nuovi, se Berlusconi vuole rimanere in politica, lo faccia è un suo diritto, ma soltanto dopo che abbia chiarito e risolto tutte le sue controversie giudiziarie. 

La scelta del rappresentante di un popolo deve ricadere su una persona che abbia un’ onesta ed un’integrità morale fulgida, senza macchia; questo è un requisito fondamentale per la credibilità di un Paese. 

Berlusconi per l’Europa non solo non è credibile, ma rappresenta un vincolo politico e rischierebbe di far restare fuori l’Italia dalle scelte di politica comunitaria fondamentali per la conduzione e la leadership di governo dell’Europa stessa. 

Il Pdl deve dimostrare maturità politica e democratica, l’apertura verso le primarie aprirà per loro un cammino di crescita, democratica moderna, ma la strada da seguire è ancora lunga, bisogna che ci sia dialogo all’interno della classe dirigenziale e necessità di un decentramento organico-dirigenziale. 

Se il Pdl non sarà in grado di staccarsi dalla singolarita’ giuridica di una figura politica; mostrerà un’immagine di se debole e svilita al tempo stesso, che possa avere serie ripercussioni sul suo elettorato. 

L’Italia è un Paese democraticamente libero, dove i rappresentanti del popolo devono essere eletti con un sistema democratico libero da vincoli 
mentali, coercitivi, ed esecutivi che possano condizionare l’azione di governo o limitarne le scelte esecutive.


Davide Lombino

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