Lavoro, pensioni ed ammortizzatori sociali tre riforme necessarie per il futuro del Paese

Analizzando l’agenda Monti per l’Italia si parla fra le varie riforme in cantiere nel caso in cui l’attuale premier uscente venga eletto regolarmente; di un rilancio delle pensioni integrative private per i giovani. 

Lo Stato tende sempre più a tagliare le dipendenze pensionistiche di anzianità dalla responsabilità di erogazione dell’I.N.P.S., relegandole il compito di erogare quelle di vecchiaia. <br />
L’I.N.P.S. negli ultimi anni aveva ripianato la sua situazione debitoria tanto che nel 2009 aveva presentato un avanza di bilancio di oltre 7 miliardi di euro; a causa della crisi economica internazionale che  subito dopo subentrò; l’ente  è stato costretto ad assorbire i costi degli ammortizzatori sociali.
L’erogazione dei fondi a favore degli ammortizzatori sociali (Cassa integrazione principalmente) ; talvolta  sono stati giustificati da reali problemi derivanti dalle sofferenze economico-finanziarie delle aziende italiane. 

Altre volte è stato un macchinoso meccanismo arbitrio delle multinazionali per diminuire l’incidenza dei costi fissi di azienda; per ottenere maggiori margini netti di guadagno atti a favorire una politica di bilancio incentrata alla massimizzazione degli utili di azienda. L’introduzione degli ammortizzatori sociali sono da considerarsi come elementi utile per fronteggiare periodi di gravi depressioni economiche, ma occorre adoperarsi per uno svecchiamento normativo ed introdurre nuove riforme che ne accrescono l’utilità non solo per chi ne usufruisce, ma anche per l’ente erogatore. 

Lo Stato potrebbe utilizzare i cassintegrati per reintrodurli professionalmente in quei servizi sociali dove occorre accrescere e migliorare i servizi pubblici erogati. 

Ciò comporterebbe una serie di vantaggi in termini economici e psicologici. I primi in quanto lo Stato erogherebbe fondi in cambio di impiego di personale nei settori deficitari, non aggraverebbe la spesa pubblica per impieghi di risorse a fondo perduto, e rederebbe più efficaci ed efficienti i settori pubblici controllando in parte il fenomeno del lavoro illegale; in quanto molti cassintegrati che hanno una professione propria, percepiscono l’indennità di cassa integrazione ed in più svolgono lavori per conto proprio in nero ciò comporta una produzione di reddito che sfugge alla tassazione statale. 

Sotto l’aspetto psicologico il reintegro di questi lavoratori nei vari settori pubblici (tenendo conto del proprio curriculum e delle proprie abilità professionali);  eviterebbe i pericoli di incorrere in stati depressivi ai quali questi lavoratori sono soggetti a causa della perdita del posto di lavoro. 

L’utilità così prodotta inciderebbe sull’abbattimento di costi dei servizi sociali che gravano pesantemente sul bilancio dello Stato. Per quanto riguarda le pensioni di anzianità; occorre rilanciare i piani di integrazione pensionistica come già accennato; ma a condizione che il lavoratore abbia la possibilità di generare quel surplus di reddito da poterlo investire a garanzia della sua vecchiaia. 

L’Italia ha la media dei salari più bassi dei paesi dell’U.E., pertanto se si riformasse adeguatamente il mercato del lavoro; bisognerebbe incrementare i salari ragguagliandoli non solo all’inflazione reale e strisciante, ma anche ai salari degli stessi settore economici europei; adottando altresì una politica d’incentivazione delle pensioni integrative si potrebbe raggiungere quel tanto agognato obiettivo di ridurre progressivamente l’indebitamento dell’I.N.P.S  ed incoraggiare la creazione di pensioni che potrebbero garantire un’adeguata retribuzione del lavoratore nel periodo post-lavorativo.  

Le pensioni integrative dovrebbero essere soggette a riforme normative; in quanto così come sono state concepite; non hanno generato i tanto frutti sperati. Occorre che lo Stato ne regoli i flussi gestionali svolgendo una funzione sociale di controllo e garante; e svincolandoli dell’arbitrio delle banche e dai privati investitori che focalizzano l’interesse solo sul profitto; occorre pertanto che lo Stato vigili e ne convogli i flussi d’investimento su settori a basso rischio finanziario aumentando progressivamente ed annualmente la redditività dei fondi d’investimento sui quali fondi pensione graverebbero. 

Il sistema per migliorare i servizi sociali non è quello di eliminarli; ma bensì quello di localizzare le falle al suo interno e cercare di sfruttare le risorse ha disposizione per eliminare le cause che provocano un disservizio, ricordando che ogni disservizio provocato o generato dal sistema, comporta un aggravio sulla spesa pubblica maggiore nel perpetrare il servizio così come è, rispetto all’impiego delle forze interne per cercare di eliminare il disservizio stesso.

Davide Lombino


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