L’Italia e la visione europeista smarrita, cambiare la rotta per restare in Europa

L’Italia, il nostro bel paese che arranca, fatica, non reagisce prontamente alla morsa della crisi economica mondiale, ma prova solo a difendersi per limitarne i danni.

Un paese il nostro, fondato su una costituzione, cosa ne resta? Un pezzo di carta scritta, (neppure il governo in carica è stato costituzionalmente eletto dal popolo); il nostro è un sistema politico con volti nuovi ma con concezioni direttive, organizzative e decisionali obsolete.


I nuovi volti fanno politica, danno un input al cambiamento, si adattano alle circostanze ed entrano a far parte di un governo nato da una situazione di criticità ed urgenza, dove per legiferare bisogna affidarsi alle larghe intese e non ad un esecutivo costituzionalmente eletto.

I nuovi “politici” hanno capito subito il meccanismo, c’è chi come Renzi decide di dare un segnale forte al cambiamento, dando il via alle riforme costituzionali, ed in primis a quella elettorale.

Si è intrinsecamente fatto costituzionale le aggregazioni politiche fautrici delle larghe intese, per mandare avanti questo esecutivo.

I confini delle larghe intese, sono talmente ampie, che per decidere sulle riforme costituzionali, si fanno gli accordi anche con pregiudicati ed interdetti politici (vizio giuridico-costituzionale).

Mi viene da chiedere quale Italia democratica e costituzionale sia questa? Come possiamo essere credibili nei confronti dell’Unione Europea, la quale dopo l’ingovernabilità cronica dei passati esecutivi, ha chiesto a gran voce di avviare una politica seria di cambiamenti dando vita a concrete direttive d’azione all’Italia, soprattutto per stabilizzare la situazione economica dei mercati finanziari, che viste le vicissitudini di governi fallimentari occorse in paesi importanti dell’Unione come Irlanda, Spagna, Grecia, ma anche da parte di paesi più piccoli (vedi il caso di Malta e Cipro), hanno totalmente rischiato di decretare la fine dell’Unione Europea, dell’euro, e degli sforzi compiuti da tutti i paesi membri per far sì che il giocattolo funzioni alla perfezione.

Il rischio in gioco è alto, il ritorno alle vecchie politica nazionaliste, finirebbe per influenzare anche economia di paesi economicamente più forti come la Germania.

L’Italia risulta oggi avere centrato gli obiettivi chiesti dall’Europa?
In parte sicuramente, specialmente nell’avere stabilizzato i mercati finanziari attuando una politica di recessione economica che si è abbattuta purtroppo pesantemente sugli italiani (esclusi quelli parlamentari o politici).

Per il resto abbiamo fatto passi indietro.

Le ultime elezioni politiche passeranno alla storia come quelle a cui poter attribuire il maggior dissenso popolare fondato nella sfiducia del sistema partitico e politico italiano.

Ciò ha decretato la vittoria e quindi l’ingresso in parlamento di nuovi schieramenti politici, i quali sembrano avere aumentato la percentuale di volatilità del fattore Italia credibile.

Abbiamo oggi una maggior presenza di nazionalismi in parlamento che in passato, si lavora per portare le lancette dell’orologio temporale indietro nel tempo, senza dare una visione futuristica al nostro paese, ma soprattutto alle nostre generazioni (presenti e future).

L’Europa  continua a chiedere a gran voce, una stabilizzazione politica nazionale, incentrata a dare una visione europeista al nostro paese, l’unica cosa che abbiamo assistito è stato lo sfaldamento del tessuto politico italiano ed il fallimento del progetto di una politica costruttiva unitaria incentrata all’attuazione esecutiva delle richieste europee.

Non possiamo lasciare le sorti del paese a populismi che lavorano alla destabilizzazione sociale, e logorano minacce interne alla nostra stessa costituzione, non dobbiamo permettere che gente inetta entri a far parte del nostro parlamento, non avendo  conoscenza neppure degli elementi più basilari del nostro diritto costituzionale, non possiamo permettere che un progetto disfattista possa portare l’Italia fuori dell’Europa e L’Europa correre senza l’Italia.

I populismi sfociano dapprima in manifestazioni dissentiste pacifiche, ma che mascherano intima violenza, successivamente passano alle rivolte insurrezionali fisiche, alla guerra (anche civile) ed al sangue.

Non possiamo permettere che questo possa succedere all’Italia, a quel paese che credette per prima al progetto comunitario europeo, e che fu lei stessa paese fondatore del progetto stesso.

Se ciò accadesse screditeremmo la nostra stessa essenza di italiani, e saremo noi stessi a porre l’Italia in una posizione marginalista rispetto al resto d’Europa.

Occorre riflettere prima di andare alle prossime elezioni, perché non possiamo permetterci altri errori, i quali costerebbero cari all’Italia, ma le quali conseguenze sarebbero ancor peggiori per gli italiani stessi.

Davide Lombino

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