M5S quel movimento ideologico nuovo, con idee integraliste vecchie, oggi all’apice di una scissione

La crisi scissionista partitica, inevitabilmente ha colpito anche
il movimento penta stellare di Grillo.

Dopo l’espulsione di due esponenti del movimento, e più precisamente di Marino Mastrangeli, e Adele Gambaro, e l’allontanamento spontaneo dal movimento della senatrice Paola De Pin e dei deputati Labriola e Furnari, il M5S ha votato una nuova espulsione ai danni di quattro senatori dissidenti e più precisamente di Luis Alberto Orellana, Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella e Lorenzo Battista.


La votazione si è svolta ieri effettuata esclusivamente online.

Hanno partecipato al voto 43.368 iscritti certificati, dei quali 29.883 si sono espressi favorevoli all’espulsione dei quattro dissidenti e 13.485 hanno espresso voto contrario, il seggio online è stato aperto alle ore 10 e chiuso alle ore 19 dello stesso giorno di votazione.

L’elemento che salta subito all’occhio è la presa di coscienza da parte di esponenti anche storici del movimento, di una mancata ed espressa visione democratica all’interno del M5S.

Punto di rottura inevitabile, considerando che fin dalla nascita abbiamo assistito ad una direzione governativa ed esecutiva del movimento, con una visione bipolarista gestita esclusivamente sull’asse Casaleggio-Grillo, i quali non hanno mai dato vita ad un vero e proprio confronto democratico aperto, nei confronti di tutti gli aderenti, specie verso gli altri dirigenti del M5S, nonché dei senatori/senatrici  e dei deputati/deputate del movimento stesso.

Le crepe di questa scissione erano già visibili nei mesi passati, ma la rottura si è consumata soltanto adesso.

Alessio Tacconi durante l’intervista a Radio24, ha dichiarato espressamente che il sistema  di voto è totalmente controllato da Casaleggio ed Associati, per il quale non si può metterlo in discussione, ma bisogna solo fidarsi.

Il deputato ha anche aggiunto che se fosse affidato a terzi, il sistema di voto potrebbe essere più trasparente.

L’elemento di novità e di rinnovamento proposto dal M5S, sembra essersi sciolto come la neve al sole.

C’è chi ha compreso che la democrazia costituzionale tanto decantata dai leader del movimento, come elemento mancante non solo nello status del nostra penisola, ma anche deficitario nei confronti degli esecutivi che si stanno susseguendo alla guida del paese, sia una variabile circostanziale adoperata dai leader come alibi, per dissentire da tutto il sistema politico (esterno al movimento si intende), in quanto altro non si può definire, costatando la totale assenza di elementi democratici che formano il movimento stesso.

Gli italiani sono ormai avulsi ai giochi di partito, e sembrano anche porre particolare attenzione a chi come il M5S si professa “nuovo al cambiamento”, ma che di rivoluzionario può avere soltanto il nome della coalizione, con il quale si vuol fare riconoscere, ispirandosi al suo interno a concetti pre-repubblicani e anti democratici, privi di un coerente fondamento ideologico.

Chi propone il nuovo, chi vuole veramente essere efficace nel sistema politico, deve essere in grado di apportare quel cambiamento politico, di pensiero e soprattutto di azione, che sia coerente con la linea guida attuata all’interno della leadership di partito.

La credibilità politica è ormai così tanto volatile, che basta un semplice e minimo errore (anche il più insignificante), per far migrare fronde di elettori verso altri lidi.

Tutto ciò perché il sistema politico italiano ha fallito tanti, forse troppi obiettivi prefissati, ha sicuramente perseguito e mantenuto gli impegni con l’Europa, ed ad ogni obiettivo raggiunto, veniva proclamata la dichiarazione di vittoria ai propri cittadini, come recupero di credibilità elettorale, ma che in realtà gli impegni presi verso quest’ultimi, non sono mai stati veramente attesi, e sono proprio  quelli che danno quel valora aggiunto alla credibilità politica.

Per fare un esempio, per accrescere la curva della credibilità politica, sicuramente fa più leva l’aumento delle pensioni sociali e la diminuzione delle tassazioni dei redditi da lavoro, che la diminuzione dello spread ed i continui cambi dei premier di governo per mancata visione d’insieme.

Ancora maggiore è il fallimento di chi cavalcando l’onda emozionale di rabbia popolare verso il sistema politico fallimentare, si è proposto al cambiamento, costruendo un muro verso tutto ciò che è definito “casta”, ma essendo stato solo capace di costruirsi castelli di sabbia.

Davide Lombino

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