Nuovo esecutivo Renzi, il sapore del rimpasto politico, pratica tipicamente italiana

Quanti pensino che l’orologio storico-temporale italiano sia tornato indietro nel tempo?
Più precisamente al periodo medievale dell’anno mille, dove la nostra penisola era divisa in comuni e signorie.

Oggi l’Italia anche se geograficamente risulta unita e ben definita nei suoi confini territoriali, ideologicamente e frazionata da tanti schieramenti politici e correnti interne agli stessi, che ne condizionano l’unione politico-governativa.


La reminiscenza storica al periodo sopra delineato si compendia ideologicamente alle figure politico-dirigenziali che attualmente rappresentano il nostro paese, i quali non riescono a trovare un accordo sulle linee guida direttive, da attuare al fine di portare avanti un esecutivo (anche se costituzionalmente non eletto).     

Per l’Italia e gli italiani s’inaugura un nuovo tentativo di governo, attraverso la formazione di un nuovo esecutivo guidato dal premier più giovane dell’Italia repubblicana (Matteo Renzi ha 39 anni) , ma anche formato da una squadra di governo, che pur prevedendo il rimpasto di alcune figure politiche, che hanno fatto parte dell’esecutivo uscente, è costituita da un’età anagrafica media di 47 anni (stessa età del premier uscente Enrico Letta).

L’idea più convincente sembra essere quella che continuando a formare governi dalle larghe intese, si voglia arrivare a governare ad oltranza fino al 2018.

Non avendo ancora una legge elettorale ben definita, le coalizioni politiche vogliono, per usare una frase tipicamente andreottiana, “tirare a campare, che tirare le cuoia”.

Un “vice legis” dalla nostra repubblica dove si vuole traslare, o meglio scongiurare la possibilità di tornare alle urne, considerando che in questo momento storico-politico non ci sarebbero ne vincitori ne vinti.

Con i progetti (peraltro fallimentari), dei rimpasti di governi e la conseguente formazioni di esecutivi dalle larghe intese, si perpetra la continuazione di un percorso esecutivo iniziato con Silvio Berlusconi premier e via, via passato di mano in mano fino ad arrivare all’attuale neo premier Matteo Renzi (ricordiamo che le ultime elezioni nazionali del 2013 svolte non hanno dato vita ad nessun governo costituzionalista).

Un percorso di stabilità politica ed economica si può solo attuare attraverso la governabilità da parte di un esecutivo legittimato dal popolo, che possa essere in grado di portare avanti il proprio progetto esecutivo fino al compimento temporale naturale del suo percorso legislativo.
I rimpasti di governo servono solo a creare alibi di continuità di governo, che di fatto non esiste, ancor meno creano coalizioni forti, quando si ci trova di fronte a governi dalle larghe intese, dove le visioni ideologiche si scontrano come le correnti di una tempesta oceanica.

Il nostro paese ha bisogno di un equazione fissa: L’Italia sta alla stabilità di governo costituzionale, come gli italiani stanno ad un governo costituzionalmente stabile, la variabile x è rappresentata dal trovare la stabilità fondata su un governo costituzionalmente eletto, elemento questo che sembra essere stato riposto dentro un cassetto, in primis da tutta la nostra classe politico-dirigente.

Le risposte che gli italiani si attendevano sono state sfatate, occorre ricompattare il nostro sistema politico, dare maggior peso nazionale per rilanciare l’Italia anche in campo europeo ed internazionale, occorre che gli italiani si riapproprino della loro volontà popolare espressa tramite il diritto di voto, occorre infine mettere la parola “fine” ai rimpasti di governo ed alla nascita di governi incostituzionali dalle larghe intese.

Davide Lombino

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