Ordinamento Giurisdizionale Italiano vetusto, occorrono manovre concrete per curare i suoi mali

Prescrizione giuridica, che brutta parola nel nostro ordinamento giuridico, assomiglia ad un’ottava nota musicale fatta solo per creare discordanza melodica fra le altre sette.

Un istituto giuridico che vizia (per restare in termini giuridici), il nostro ordinamento giurisdizionale troppo accordante con i tempi biblici delle sentenze, ovvero il tempo intercorso fra quando un processo si istruisce a quando si arriva alla sentenza finale.


Si arriva alla trascrizione non tanto perché il reato non sussista ma per la scadenza dei termini massimi consentiti dal nostro ordinamento in ordine a procedere.

Questo è successo al caso che ha coinvolto l’ex ministro dello sviluppo economico 2010 Claudio Scajola, nel processo che lo vide inquisito per l’affare della casa con vista sul Colosseo pagatagli a sua insaputa dal costruttore Diego Anemone.

L’ex ministro Scajola è stato prosciolto dalle accuse per prescrizione dei termini giuridici, come lui possiamo menzionare tanti e tanti casi occorsi in Italia, altro abominevole paradosso italiano con l’attitudine alla ripetitività anche futura, considerando i tempi apocalittici sul quale il nostro ordinamento giurisdizionale è fondato.

Prendiamo come anno di riferimento il 2011.

Per i processi civili di tipo comune nel 2011 servivano mediamente 1.127 giorni per ottenere una sentenza di 1° grado, 1.602 giorni per concludere il processo di appello e 1.105 giorni per il giudizio in Cassazione; in totale, dunque, 3.834 giorni pari a quasi 11 anni – erano mediamente necessari per concludere un processo di cognizione nei suoi tre gradi di giudizio.

Secondo i dati forniti dal Centro Studi del Senato della Repubblica, nel 2011 occorrevano mediamente 342 giorni per definire un processo penale in Tribunale, 947 giorni per ottenere un giudizio di appello e 7,2 mesi (pari a circa 220 giorni) per concludere un processo in Corte di Cassazione. In tutto, cioè 1.509 giorni, pari a poco più di 4 anni, per vedere mediamente un processo penale concluso in tutti e tre i gradi di giudizio.

A queste tempistiche, inoltre, devono aggiungersi quelle relative ai tempi medi di definizione dei procedimenti presso le Procure della Repubblica: 403 giorni per quelle istituite presso i Tribunali Ordinari e 319 giorni per le Procure presso le Corti di Appello. 
Inoltre il lasso di tempo intercorso tra definizione di un processo e relativa sentenza presenta sproporzioni abissali.

Secondo in Centro Studi presso il Senato della Repubblica sempre al 2011 occorrevano 342 giorni per definire un processo penale e 947 giorni per ottenere un giudizio, ciò genera un numero elevatissimo di prescrizioni giuridiche che sempre al 2011 annovera il record di prescrizioni in Europa pari a 128.531 con una media peggiore negli ultimi dieci anni pari ad una media di 168.966 prescrizioni.

Gli uffici giudiziari non riescono a smaltire il carico di lavoro, nei tempi stabiliti, la macchina giudiziaria non funziona pienamente come dovrebbe, il triste risultato è un numero di reati prosciolti per decorso dei termini di trascrizione.

La tanto attesa riforma della giustizia, tante volte posta all’attenzione del Parlamento da parte del Presidente Napolitano, non può non prevedere anche una riforma strutturale dell’ordinamento giuridico giurisdizionale italiano.

L’affollamento delle carceri italiani è un problema prioritario, ma va accordato di pari passo con la riforma del sistema giurisdizionale italiano riguardanti procedure e tempistiche.
Indulto ed amnistia sono stati gli unici rimedi adottati per sfoltire le tante affollate carceri italiani, come le prescrizioni sono state l’unica arma di difesa, dall’alta mola di lavoro non gestito in tempo dagli uffici giudiziari.

Ne deriva un’equazione giuridico-giurisdizionale:

indulto ed amnistia : riduzione affollamento delle carceri=prescrizioni : proscioglimenti

Questa equazione purtroppo non prevede variabili ma solo componenti fisse e ripetitive nel tempo che hanno portato ad appesantire il bilancio già negativo delle défaillance del nostro ordinamento giurisdizionale.

Se i carcerati vengono reintrodotti in libertà non per fine detenzione della pena, ma per via di attuazione di negozi giuridici e i processi vengono prosciolti per trascrizione dei termini, occorre veramente porre attenzione al nostro ordinamento giurisdizionale.

Come un malato sotto effetto da psicofarmaci, così il nostro ordinamento giurisdizionale è affetto da tanti mali, il quale viene curato con farmaci che agiscono sugli effetti, senza prevedere azioni che possano agire sulle reali cause del problema.

Come disse lo statista Alcide De Gaspari:” Politica vuol dire realizzare”, realizzare significa fare atti concreti e prendere decisioni risolutive alle problematiche che continuano ad affliggere da anni la nostra penisola, la quale è intenzionalmente sottoposta alla cronicizzata cura degli effetti, i quali avendo la peculiarità di essere temporanei, al loro svanire acuiscono quei stessi mali che da troppo tempo il nostro paese si porta dietro.

Davide Lombino
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