Robin Hood; e la riforma delle pensioni

La prossima settimana prenderà forma la tanta agognata riforma previdenziale. A partire dal primo gennaio 2012 cambierà il criterio di calcolo della pensione. 

Dall’attuale sistema retributivo si passerà al nuovo sistema contributivo. Attualmente le modalità di calcolo della pensione si effettuano tenendo conto delle retribuzioni guadagnate negli ultimi 10 anni per chi lavora nel settore pubblico, e 15 anni per chi lavora in quello privato; con l’entrata in vigore della nuova riforma il calcolo si effettuerà tenendo conto dei contributi versati nel corso degli anni lavorativi. 

Nell’ultimo decennio in Italia sono state fatte diverse riforme in campo previdenziale; per far fronte alle esose uscite dell’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale); per il pagamento delle pensioni di anzianità e di vecchiaia; in quanto così dicevano i nostri politici le casse dell’ Ente erano vuote anche se; nel 2009 l’ istituto ha presentato un avanzo di bilancio di oltre 7 miliardi di euro. 

La spesa per le pensioni dell’Inps nel 2009 è stata pari a 173.127 milioni di euro, Sono state 697.098 le nuove pensioni accolte e liquidate nel corso del 2009, con un decremento del 4% (-29.136 pensioni) rispetto alle pensioni accolte e liquidate nell’anno precedente (726.234). La gestione finanziaria di competenza ha evidenziato un saldo positivo di 7.961 milioni di euro, risultato della differenza tra i 276.643 milioni di euro di entrate e i 268.682 milioni di euro di uscite complessive. 

Il totale delle entrate ha registrato un incremento pari al 2,3% rispetto al 2008; ma in aumento più sostenuto, sempre rispetto al 2008, sono risultate le uscite, +4,6%. La gestione economica ha presentato un risultato positivo di 5.956 milioni di euro. 

Ma per il governo non basta, nonostante tutto; bisogna ritoccare le leggi previdenziali perchè il sistema sembrerebbe non reggere. 

Allora si ricomincia nuovo governo riforme vecchie; il governo Monti prevede un blocco delle pensioni all’adeguamento inflattivo; ed un aumento dell’età contributiva da 40 a 43 anni, con l’ innalzamento dell’età anagrafica da 60 a 65 anni. 

Per quanto riguarda il blocco delle pensioni bisogna valutare che questo ovviamente peserà sulle già gravose tasche dei ceti più deboli; in quanto già hanno subito la caduta del potere d’acquisto delle pensioni ma anche degli stipendi. 

Per l’innalzamento dell’età contributiva bisogna altresì aggiungere che i tre anni in più rappresentano solo un esclusivo vantaggio per lo Stato, in quanto per i lavoratori negli ultimi tre anni di lavoro, la loro pensione non subirà nessun incremento. 

Altro problema da affrontare; è la questione del lavoro ai giovani i quali hanno difficoltà ad entrare subito dopo il percorso scolastico nel mondo del lavoro, per cui medialmente si arriva ad un età di 30 anni prima d’iniziare un percorso professionale, e quindi alzando l’età lavorativa e contributiva per loro sarà un’utopia arrivare al conseguimento di una pensione pienamente maturata. 

Conseguenza che aggrava la situazione dei giovani italiani; ad ottobre 2011; la disoccupazione giovanile in Italia è pari all’ 8,5% secondo i dati Istat, si tratta del valore più alto da maggio 2010 (quando era all’8,7%). 

Inoltre l’Istat aggiunge che il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15 e i 24 anni, è al 29,2%, in flessione di 0,1 punti percentuali su settembre ma in aumento di 1,5 punti su ottobre 2010. In Germania, invece, il tasso di disoccupazione destagionalizzato è sceso al 6,9% in novembre dal 7% di ottobre. Le misure economiche che sarebbero attualmente al vaglio del nuovo governo, ricevono anche la sonora bocciatura del Codacons. “I provvedimenti allo studio dell’esecutivo, emersi in queste ore, trovano la netta opposizione dei consumatori – spiega il presidente del Codacons Carlo Rienzi – Dall’Iva alle pensioni, passando per l’Ici, sono tutte misure che danneggiano il ceto medio-basso, il quale già versa in condizioni pietose, e che determineranno l’ingresso di migliaia di cittadini nella fascia di povertà”. 

A tutto questo bisogna aggiungere che in queste ore mentre si esamina l’entrata in vigore del nuovo provvedimento previdenziale molti dei nostri deputati e senatori pur di mantenere i privilegi pensionistici starebbero pensando di lasciare la propria carica, prima della fine dell’anno per evitare il nuovo regime, in vigore dal primo gennaio. 

Dal primo gennaio 2012, infatti scatterà la nuova norma tagliola: niente assegno per chi ha meno di 60 anni, se si ha più di un mandato alle spalle; mentre chi ha accumulato un solo mandato dovrà attendere addirittura fino ai 65. 

In particolare sono nel panico quei 350 neoeletti che col nuovo sistema potrebbero rimanere del tutto esclusi dall’assegno: le regole saranno valide solo per l’ultimo anno di legislatura, quando non avranno ancora raggiunto quei 4 anni, sei mesi e un giorno che col vecchio sistema avrebbero garantito la “pensione”. 

A meno che non venga adottata nelle prossime settimane una norma transitoria ad hoc. In definitiva diciamo che; ancora una volta le fasce più deboli pagano lo scotto maggiore della crisi economica e delle riforme in atto; salvaguardando chi ha di più un’Italia; diciamo che il governo opera come un Robin Hood visto al contrario.

Davide Lombino


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