La morte di Federico Nietzsche
Durante le vacanze fece delle frequenti gite in Svizzera e in Italia; nel 1870 prese parte alla campagna come volontario delle ambulanze ma cadde gravemente ammalato e dovette abbandonare il campo per curarsi. Questo fu il principio della malattia della mente e dello stomaco che, aggravandosi progressivamente, finì per obbligarlo, nel 1879, a lasciare definitivamente l’insegnamento. E allora cominciò per Nietzsche una lunga serie di peregrinazioni per tentare di riacquistare la salute. I suoi più intimi amici, spaventati dall’audacia delle sue teorie, lo abbandonarono poco a poco; anche la sua diletta sorella nel 1886 lo lasciava per seguire il marito nell’America del Sud e l’isolamento divenne per il filosofo uno spaventevole supplizio. Trascorse in Italia gli ultimi anni della sua esistenza cosciente, non abbandonato dalla sorella che era ritornata dall’America per curarlo, fino a che nei primi giorni del gennaio 1889, a Torino, la notte della pazzia, si chiuse improvvisamente e per sempre sulla sua mente. Sino a ieri egli era restato in una casa di salute a Weimar, a fianco della inseparabile sorella, nobile esempio di sacrificio purissimo. Coloro che volessero comprendere l’opera di Nietzsche non debbono considerarla come un vero sistema di filosofia, ma come una confessione, come un giornale intimo, che ci mostra tutta l’evoluzione dello spirito del filosofo. Nietzsche fu il fondatore di una religione, di una nuova cultura, semplicemente uno sterile demolitore dei principi fondamentali della società umana. Fu egli il profeta di un avvenire fecondo o il rappresentante attardato di un passato che sta per scomparire? L’influenza morale esercitata da lui è benefica o funesta? Non è qui il luogo di rispondere a siffatte domande ma è certo che la mente del defunto di Weimar fu una delle più originali del nostro secolo. Come molti uomini Nietzsche ebbe due periodi, diremo così, filosofici, l’uno perfettamente contrapposto all’altro. Durante il primo tutta la sua opera, quantunque sempre originale, non si elevò certo a grandi altezze, ma durante il secondo egli scrisse i libri che dovevano portarne il nome in tutto il mondo, specialmente gli Aforismi e Così parlò Zarathustra. Cosa curiosa: il Nietzsche che doveva enunciare il verbo dell’egoismo più esclusivo, doveva anche esperimentare per proprio conto tutti i beneficii dell’amore di una sorella, ma sventuratamente la sua mente non gli permise di apprezzarlo. Fra il libri di Nietzsche diventati popolari, diremo così fra gli studiosi, vi è il libro sulle Origini della Morale e quello contro Wagner. Ma di questo possente e squilibrato intelletto, bisognerà forse occuparsene di proposito un’altra volta, perché la sua influenza fu grande, in molti ingegni dell’epoca presente. E studiare questa influenza sarebbe opera utilissima.
Pubblicato da: Davide Lombino
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